Lavoro in ALPEGGIO
Lavoro in ALPEGGIO

Di Michele Corti

In tutto il 2013 il sito Ruralpini ha ricevuto (comprese domande transitate dal sito amamont) 110 richieste da ragazzi e ragazze  (a volte minorenni, a volte cinquantenni) desiderosi di avvicinarsi alla vita d’alpeggio. Quest’anno al 20 gennaio 2014 siamo già a 51 richieste (http://ruralpini/Alpeggi-lavoro-cercano.html). Un boom non solo di domanda di "lavoro in agricoltura" in generale, ma anche di lavoro in montagna. E’ così vero allora che i ragazzi scansano il lavoro manuale? Che solo gli stranieri sono disponibili per molti lavori? Parrebbe proprio di no.

Dal 2009 l’Associazione transfrontaliera Amamont (Amici degli alpeggi e della montagna amamont.eu) con la collaborazione del sito Ruralpini (ruralpini) di Michele Corti e del blog "Pascolo vagante" (pascolovagante.wordpress) di Marzia Verona, ha avviato un servizio di "bacheca virtuale" per favorire l’incontro tra domanda e offerta di lavoro e "aiuto"  in alpeggio.

Al di là del facilitare la collocazione di personale già esperto ("i pastori" professionisti) questo servizio mirava (e mira tutt’ora) a consentire a ragazzi (più o meno giovani) di rendersi utili svolgendo quelle attività che un tempo erano appannaggio di giovanissimi "pastorelli". Una mano in più - anche se non esperta - può alleggerire il duro lavoro degli alpeggiatori che si districa in molte operazioni giornaliere di mungitura, cura degli animali, recinzione di pascolo, caseificazione, vendita diretta, trasporti, manutenzioni ...

Alcuni dei ragazzi che così si inseriscono nel mondo dell’alpeggio imparano a mungere, a fare il formaggio e possono rappresentare "nuove leve" per un’attività che è in netta ripresa (anche se non mancano difficoltà e contraddizioni). Attraverso la "scuola dell’alpe" poi alcuni giovani possono trovare un inserimento permanente in aziende di montagna o creare essi stessi nuove piccole aziende.

Il grosso ostacolo che ha incontrato l’esperienza dei "Ragazzi in alpeggio", proposta sin dalla stagione 2009, è consistito nella totale mancanza di esperienza, ma anche di manualità e senso pratico, di molti (troppi)  ragazzi usciti dalle scuole e vissuti lontano dall’esperienza agricola (e del lavoro manuale in generale).

L’addestramento anche minimo di questi ragazzi porta via del tempo prezioso che gli alpeggiatori non sono in grado di dedicare. Così, dei molti ragazzi interessati, solo pochi hanno potuto fare esperienza (accolti da un limitato numero di aziende strutturate in modo particolare). E altrettanto pochi hanno potuto inserirsi in quanto già con esperienze alle spalle.

Peccato, perché la montagna ha bisogno di giovani e i giovani hanno bisogno di lavoro. Perché solo con il ricambio interno per linea famigliare la montagna non si tiene in piedi (in senso sociale e fisico).

Quest’anno, come accennato, vi è un boom di richieste. Perché questo incremento? In parte dipende dall’aver aperto anche  una pagina Facebook ("ragazzi che vogliono lavorare in montagna"), in parte perché i media continuano a trasmettere il messaggio che: "solo l’agricoltura da lavoro ai giovani". Un messaggio a volte un po’ fuorviante, ma che fa presa.

Al di là dei fattori contingenti vi è una pesante realtà di disoccupazione,  giovanile ma non solo, che non accenna a miglioramento. Vi è anche - e questo è il lato positivo -  un crescente desiderio di cambiare stile di vita, un rigetto per un modo di vivere troppo artificioso, per l’industrialismo e il consumismo, il tempo speso al pc. Sono potenzialità umane che non dovrebbero andare sprecate.

A fronte di tutte le richieste in arrivo diventa però sempre più pressante l’esigenza di allestire una "scuola pratica" di montagna, allestita in un contesto in cui i maestri (pastori e casari esperti) possano dedicare una parte importante del tempo agli apprendisti. La selezione attraverso un’esperienza formativa di questo tipo (con pochissima teoria, molta pratica) può consentire di "scremare" chi si avvicina alla realtà della montagna spinto solo o principalmente da motivazioni un po’ romantiche e modaiole, motivazioni che non reggono al primo impatto con i ritmi severi della vita in alpe (la sveglia è molto anticipata rispetto alla caserma tanto per cominciare).

Il vantaggio di questa "nave scuola" ("alpeggio scuola") - per il quale si è alla ricerca di sponsor pubblici e privati - consisterebbe nel poter segnalare agli alpeggiatori ragazzi che hanno già appreso i rudimenti e che hanno superato l’impatto con la vita dell’alpeggio reale  (diversa da quella dell’alpeggio visitato in giornate di sole da turisti). Un vantaggio sostanziale che "fluidificherebbe" di molto l’incontro di domande e offerte. L’appello è lanciato.

 


Data: 21/01/2014
 
21/01/2014, 12:30
Modello di sviluppo

Crisi e paradigmi. Che si sente il bisogno di cambiare il modello di sviluppo sembra se ne stiano accorgendo prima i cittadini della politica. La Valtellina potrebbe essere da esempio, il ritorno alla vita dei campi, al bosco, all’alpeggio potrebbe davvero essere un esempio di cambiamento e di "viver bene"? 

Si sente l’esigenza, come sottolinea Michele Corti, di scuole, di corsi di formazione per insegnare a lavorare la terra, a pascolare il bestiame, a lavorare nel bosco. Lavori poco remunerativi? Forse, ma potrebbero essere davvero d’aiuto anche al territorio, che è cultura e un ritorno alla cultura del territorio potrebbe salvarci?

Certo negli ultimi anni la vita agreste è stata vista anche in modo bucolico, con l’allestimento di feste fini a se stesse e con una cornice desolante, fatta di muretti a secco che cadono, di cantine vinicole non in grado di ritirare le uve dei contadini, di un territorio che sta cadendo a pezzi, incolto, di fiumi ultra sfruttati da aziende energetiche che nulla lasciano su un territorio inerme. Il territorio valtellinese potrebbe tornare a chiedere ciò che gli spetta, senza chiedere la carità. Reinvestire le risorse nell’agricoltura, aiutando oncretamente giovani e meno giovani a tornare a vivere in modo dignitoso. PRIMA CHE SI SIA TROPPO TARDI.  

La Fondazione Fojanini, ad esempio, potrebbe proporre corsi di formazione in tal senso? Potrebbe essere un valido supporto, senza dubbio.   

cristina culanti


Autore dal
27/10/2021