VALTELLINA nel Futuro: ?Occorre parlare di territorio?
VALTELLINA nel Futuro: “Occorre parlare di territorio”

“Parlare di impianti e non parlare di territorio, di filiere agro alimentari, di qualità e riconoscibilità dei prodotti offerti nelle strutture alberghiere, di turismo nella media valle  è solo un modo di mettere  un cerotto a una ferita che tornerà a sanguinare copiosamente  al minimo problema e non la base per creare un sistema che abbia le potenzialità di reggere alle sfide del futuro”

di Panizza Alberto*

Ripresa economica, infrastrutture, new deal sono alcuni dei termini utilizzati dalla politica per indicare la necessità di intervenire con mezzi straordinari per permettere a un’economia asfittica di potersi rianimare. 

Vorrei proporre un parallelo, forse forzato ma non troppo nella sostanza, con quanto sta accadendo in valle a proposito delle società che gestiscono gli impianti di risalita.

Come abbiamo letto sulla stampa locale queste società, pur con situazioni, storie passate e bacini di riferimento tra loro diversi sono accumunate da un indebitamento  che è concausa importante di risultati economici negativi e, in un’ultima analisi, preludio a un’insostenibilità gestionale economico/finanziaria che in alcuni casi è ormai già realtà

Un debito enorme di circa 165 milioni di euro che la politica vuole affrontare, considerando il ruolo che queste infrastrutture hanno come volano per l’economia di alcune zone della valle, con interventi straordinari come l’utilizzo di risorse pubbliche, in particolare parte dell’aumento dei futuri  sovra canoni idroelettrici.  Per la definizione delle possibili proposte d’intervento si sta creando un gruppo di studio che dovrebbe schierare Provincia, Regione, banche creditrici, impiantisti e portatori di interessi vari (commercianti/artigiani …..).

In entrambe le situazioni si chiede alla politica di impegnare risorse per creare nuove possibilità di sviluppo/crescita o per evitare che certe realtà, anche a causa delle crisi economica, possano chiudere definitivamente i battenti con le conseguenze immaginabili sull’occupazione diretta e indiretta (alberghi, casa in affitto, commercio …)

Che la situazione economica generale necessiti interventi, anche a debito,  per lenire situazioni sociali pesanti e che col tempo  potrebbero aggravarsi è sicuramente vero ma lo è altrettanto il fatto che se nelle scelte e, soprattutto,  nelle strategie di medio lungo termine non vi saranno dei cambiamenti radicali il tutto rischia di diventare un boomerang  con un aumento del debito che potrebbe (quasi certamente) non trasformarsi ne in  crescita sostenibile ne in sviluppo  duraturo.

Dal 2008, quanto è formalmente scoppiata la crisi economico sociale del mondo occidentale, la politica in generale ma anche la nostra evita accuratamente di prendere in considerazione un’ipotesi, la più probabile secondo alcuni, che nei prossimi decenni la crescita economica, globale, non ci sarà e che questo porterà, inevitabilmente, a cambiamenti radicali nella nostra società e nel  nostro modo di vivere.

Nelle analisi della politica attuale il problema viene di norma identificato nella mancanza di consumi (meno lavoratori – meno stipendi – meno consumi) evitando di considerare che, più verosimilmente, il nocciolo del problema è la straordinaria capacità produttiva che negli ultimi decenni, con l’innovazione tecnologica ed altro, ha avuto una crescita come non  mai è riscontrabile nella storia dell’umanità in un periodo di tempo tutto sommato assai limitato.

Pensare a come si producevano beni e servizi a inizio anni ’80 rispetto e a come si opera oggi da una dimensione di come le cose siano cambiate. Il problema è certificato da due semplici dati l’andamento della popolazione e la crescita del PIL mondiale nello stesso lasso di tempo.

La popolazione, negli ultimi 30 anni o poco più, è cresciuta di circa 2,2 volte, un enormità dal punto di vista storico, mentre il PIL è sestuplicato.  E’ evidente che una capacità di consumo fisiologica non è in grado di soddisfare l’offerta di beni e servizi che in questi decenni ha potuto crescere in tale misura perché i consumi sono stati gonfiati ad arte con l’indebitamento pubblico e privato.

Ormai anche economisti ben allineati al sistema come Krugman o Summer (ex Segretario al tesoro americano) sottolineano che non vi sono le basi per una crescita economica futura, se non limitata a periodi brevi in concomitanza di fattori speculativi.

Perché la politica non prende in considerazione questa ipotesi? Forse perché a quel punto, come conseguenza, dovrebbe  proporre ricette completamente nuove su come affrontare la situazione, ipotizzare nuovi modelli economici e sociali di riferimento tutte cose che, inevitabilmente, mettono in discussione certezze, posizioni consolidate, centri di poteri …..

Ma le cose cambieranno è inevitabile. Il discorso sarebbe lungo ma basti pensare, per avere un esempio pratico, che l’uomo più ricco del mondo il messicano Carlos Slim pochi mesi fa in un’intervista dichiarava la sua intenzione di portare a ¾ giorni settimanali  i turni lavorativi dei propri dipendenti in quanto convinto che la qualità della vita, il tempo libero, lo spazio per dedicarsi ad altro siano indispensabili tutt’al più concentrando più ore lavorative nei giorni previsti. Una proposta, forse un inizio,  solo qualche anno fa impensabile,  che arriva dal Messico da parte del più grande capitalista al mondo.

I tempi del vivere, le priorità, i paradigmi cambieranno e non è escluso in modo più veloce di quello che pensiamo perché nei sistemi complessi ad un certo punto le tendenze diventano irrefrenabili.

Cosa c’entra tutto ciò con la problematica dei nostri impianti di sci. Anche le risposte che bisogna trovare devono essere tali che partendo dalla difficoltà dell’oggi sappiano cogliere i cambiamenti in atto per poter guardare a un futuro positivo. E’ tutto intimamente legato, ragionare sul futuro degli impianti di sci dovrebbe voler dire, se non si vuole sprecare ancora risorse pubbliche, ragionare sul modello di turismo e ancora più profondamente su chi sarà il turista in futuro, chi potrà viaggiare, che esperienza vorrà fare, quali saranno le molle che faranno scegliere una destinazione rispetto un’altra. Sarà importante la distanza dalla meta o sarà importante come arrivarci? Si cercherà finzione o qualcosa di autentico?

Le risposte saranno figlie del nuovo modello di società perché, inevitabilmente, il modello economico condiziona il modello sociale e di conseguenza le aspettative e i desideri delle persone. Nonostante le difficoltà dell’attuale sistema politico nel comprendere i cambiamenti in atto e ad assumere le opportune soluzioni i segni sono chiari e le possibilità, d’altronde, non sono molte per cui il tempo libero, la ricerca di cose vere, anche la lentezza per assaporarle diventeranno paradigmi imprescindibili e condizioneranno le nuove tendenze, cosi come l’attenzione agli sprechi, all’inquinamento, alla qualità del territorio.

Per questo la commissione istituita dalla Provincia con una durata di 4 mesi per studiare una soluzione al problema dei nostri impianti, tale da poter essere valida per noi e  poi esportabile in tutta la Regione, è un poco improvvisata nella composizione e nella tempistica.  Questa iniziativa deve essere concepita come una vera e propria scelta su come vorremo la nostra  valle alpina  prima ancora che per i turisti che verranno  per noi che ci dobbiamo viverla quotidianamente.

Parlare di impianti e non parlare di territorio, di filiere agro alimentari, di qualità e riconoscibilità dei prodotti offerti nelle strutture alberghiere, di turismo nella media valle  è solo un modo di mettere  un cerotto a una ferita che tornerà a sanguinare copiosamente  al minimo problema e non la base per creare un sistema che abbia le potenzialità di reggere alle sfide del futuro

A chi crede che in 4 mesi di lavoro si possa davvero fare qualcosa di strutturale e duraturo non possiamo che fare i nostri auguri

 

 

*X Associazione “Valtellina nel Futuro”

 


Data: 25/11/2014