19/07/2017, 11:26 Il discorso del PRESIDENTE MATTARELLA
Rivolgo un saluto cordiale al presidente della Regione Lombardia, al presidente della Provincia di Sondrio, ai sindaci di Tartano e Valdisotto, alla delegazione della Val Brembana, a tutti i cittadini qui presenti, agli alpini e alla corale, e a quanti - con loro - portano dentro di sé il ricordo dei terribili giorni dell’alluvione, ma anche - certamente - l’orgoglio di aver saputo ricostruire la vita sociale, di aver dato un futuro alle loro comunità in questi luoghi, tornati alla loro straordinaria bellezza. In questa giornata il primo pensiero va alle vittime di trent’anni fa. Le vite spezzate furono numerose, soprattutto in Valtellina, ma purtroppo anche altre valli vicine divennero, nel luglio del 1987, teatro di devastazioni e di tragedie. La memoria di quegli eventi non può non soffermarsi - come è stato fatto negli interventi che mi hanno preceduto - sulla valanga di fango e detriti che il giorno 18 colpì il condominio "La Quiete" e l’albergo "La Gran Baita" di Tartano, uccidendo e sottraendo persino alcuni corpi all’affetto dei propri cari. Fu l’inizio di una catena di lutti e sofferenze. Eventi metereologici straordinari sconvolsero un territorio vasto, paralizzando per settimane la vita dei suoi abitanti, colpendo e distruggendo ciò che nel tempo era stato costruito. Ne facciamo memoria qui, nel borgo di Aquilone, perché dieci giorni più tardi dalla prima inondazione, proprio su questa terra venne pagato il tributo umano più pesante, il più spaventoso: si lacerò la montagna e una parte di essa precipitò a valle cancellando ogni cosa. Tanto immane fu la valanga da risalire persino sul versante opposto, seminando ancora morte. Non possiamo - né dobbiamo - dimenticare e, del resto, le foto delle vittime di Aquilone ci ricordano quanto avvenuto e commuovono soprattutto quelle dei bambini. Un Paese, una società solidale, non dimentica chi ha perso la vita in circostanze così sconvolgenti, in giornate che resteranno per sempre cerchiate nella propria storia civile. Siamo vicini ai familiari, agli amici, a tutti coloro che hanno visto la loro casa distrutta, i loro beni svaniti o danneggiati dalla furia degli elementi, il lavoro perduto o comunque da reinventare. Quando un cataclisma si abbatte su un territorio, anche il più distante, la solidarietà non è un atteggiamento esteriore, ma la condizione stessa dell’essere nazione, cioè del costituire una vera comunità. Non può esserci periferia in una società davvero coesa. Periferia è ciascuno dei luoghi in cui si vive insieme, si possono esprimere i talenti, manifestare le libertà, esercitare i diritti e i doveri dei cittadini. Il centro non è un luogo separato, o sovraordinato, ma è il nostro stare insieme, è il bene comune dell’intera Italia. Lo sottolineo pensando anche ai cittadini delle Regioni colpite dal terremoto degli ultimi tempi. Devono essere certi che non li lasceremo mai soli ad affrontare le grandi difficoltà della ricostruzione e della riorganizzazione della loro vita sociale. Questo legame di carattere umano, che precede ogni scelta politica e istituzionale, è parte di quell’unità del Paese che la Costituzione pone saggiamente tra i valori fondamentali e supremi. L’Italia ha bisogno della propria unità, anche per crescere meglio e di più, perché l’unità è una risorsa che accresce le opportunità di ciascuno e di ciacun territorio. Girando il Paese, incontrando persone e comunità locali, avverto come questo senso di unità di vita e di prospettive sia molto più forte di quanto talvolta non venga rappresentato. Voi avete sperimentato quanto sia stata preziosa, nei momenti più drammatici, la solidarietà del resto del Paese: dobbiamo fare in modo che la collaborazione, l’interdipendenza, l’equilibrio tra i diversi territori e le diverse regioni diventino sempre più significativi anche in tempi ordinari, e non soltanto in quelli straordinari di emergenza. Certo, nel lavoro di ricostruzione si sono poi espresse tutte le qualità, e le capacità, della gente della Valtellina, della Val Brembana, della Val Camonica, dell’Alto Lario e degli altri territori investiti, in quel luglio del 1987, dallo straripamento di fiumi e torrenti; e dalle repentine trasformazioni del territorio indotte da frane e valanghe. La solidarietà fornisce il primo aiuto nell’emergenza, e poi la spinta per ripartire. Ma è la comunità che presto deve tornare protagonista delle scelte. Ciascuna con i suoi cittadini, le sue associazioni, il suo tessuto vitale, il suo sindaco, le sue istituzioni locali che dialogano con le altre istituzioni. Non c’è successo sociale, economico, culturale che possa essere calato dall’alto. Non vi è vera ripresa senza un protagonismo delle persone, senza una partecipazione larga al lavoro comune. Qui le vostre operose comunità sono riuscite a mettere in moto nuove e più moderne attività, a ricreare attrazione, anche turistica, a conciliare ancora armonia e bellezza nella natura che vi circonda. Tornando alla memoria dell’alluvione dell’87, è giusto sottolineare come la gestione dell’emergenza in Valtellina e negli altri territori contribuì anche a consolidare la Protezione civile italiana, a far crescere la sua esperienza e a farla diventare più adulta, dimostrando la fondamentale importanza che essa riveste per un Paese moderno e civile, ancor più per il nostro Paese che molteplici ragioni - non ultime quelle geofisiche - rendono più fragile di altri ed esposto ad eventi calamitosi. Il Dipartimento della Protezione civile era stato istituito con legge nel 1982, dopo la catastrofe del terremoto dell’Irpinia e i ritardi registrati nei soccorsi. Il Servizio nazionale della Protezione civile nacque dieci anni dopo, avendo accumulato esperienze nelle emergenze e avendo compreso la necessità di integrare i soccorsi con un’opera più assidua di prevenzione; oltre che di coordinare sempre meglio le strutture nazionali con quelle regionali e locali, e con il contributo prezioso del volontariato organizzato. Gli eventi della Valtellina, nel 1987, così tristi e luttuosi, indussero ad accrescere la coscienza collettiva e la consapevolezza sul valore della Protezione civile. Non va dimenticato che di fronte alla situazione di ulteriore pericolo estremo provocata dal gigantesco sbarramento che interruppe il corso dell’Adda, creando un grande lago artificiale, le cui acque minacciavano di abbattersi sugli insediamenti e le popolazioni a valle, venne compiuta, in condizioni difficili, un’opera di grande valore ingegneristico: la tracimazione controllata di quel lago artificiale. Non soltanto l’Italia ma tante parti del mondo seguivano col fiato sospeso. Dopo gli interventi assunti, nei primi giorni, dal ministro Giuseppe Zamberletti, la decisione politica della tracimazione controllata, venne assunta dal nuovo ministro, Remo Gaspari, sulla base di analisi e valutazioni tecniche di alta professionalità, e va ricordato che si trattò di una decisione coraggiosa e risolutiva. Proprio questa sinergia tra qualità tecniche, capacità organizzative, responsabilità decisionali, coordinamento tra istituzioni e soggettività, che rappresentavano le comunità locali, mostrò a tutto il Paese quanto grande fosse il bisogno - per la sicurezza comune - di una Protezione civile efficiente, sempre più attenta alla prevenzione. Ancora oggi il Servizio Nazionale della Protezione civile continua ad evolversi, cercando di assolvere sempre meglio ai propri compiti e superare i limiti laddove se ne manifestano. Sulla base di una nuova legge, da poco approvata dal Parlamento, il governo sarà chiamato ad adottare decreti legislativi finalizzati ad assicurare coordinamenti sempre più efficaci, all’interno di un sistema necessariamente policentrico. In questo quadro la partecipazione dei cittadini e delle comunità resta cruciale, tanto più perché l’obiettivo principale non è intervenire in caso di sciagura, ma evitare che le sciagure avvengano. Il lavoro di prevenzione e di previsione sta entrando nella nostra cultura civile, e deve farlo sempre più. Anche questa è una lezione che ci viene dagli eventi del passato, da questa drammatica esperienza che ricordiamo. Non tutte le sciagure possono essere evitate, ovviamente. Ma il territorio, con la sua bellezza e i suoi equilibri, va rispettato e salvaguardato perché questo aumenta la protezione e la capacità di resistenza delle comunità. Investire nella riqualificazione dell’ambiente, sanando i dissesti e correggendo le storture operate nel tempo, è una scelta lungimirante che favorirà il benessere, e dunque anche la crescita economica. Stabilire un patto virtuoso tra sviluppo e natura, tra vita sociale e territorio, rappresenta una delle grandi sfide del presente e del futuro. E’ necessario chiamare i cittadini e tutte le energie della società alla partecipazione e all’impegno. Anche per affrontare nuove insidie e nuovi pericoli. Lo vediamo in questi giorni con gli incendi che divampano in tante Regioni e che spesso sono il risultato di azioni di criminali, da punire con forte determinazione e grande severità. A questo riguardo esprimo grande riconoscenza ai tanti servitori dello Stato, benemeriti della nostra società, nei Vigili del Fuoco e nelle Forze dell’Ordine, ai tanti volontari dei gruppi antincendi, che si stanno adoperando, con grande abnegazione e sacrificio, per spegnere gli incendi, per contrastare il fuoco appiccato da sciagurati colpevoli, che mettono a rischio la sicurezza delle persone, deturpano la bellezza del nostro Paese e ne danneggiano gravemente l’economia. La maggiore sicurezza nasce da una convergenza degli sforzi: nel contrasto al degrado ambientale, nella riqualificazione dei territori, nella cultura della prevenzione, nella rete di solidarietà delle comunità. Prevenire, integrare, coordinare, collaborare rende più concreta ed effettiva l’uguaglianza dei diritti tra i cittadini, ovunque si trovino, e consente di evitare lo spopolamento - e l’impoverimento - di alcuni piccoli centri, o di aree rurali, penalizzati da carenze di infrastrutture o di servizi. La ricchezza e la qualità del nostro Paese - quella che tutto il mondo ammira - sta anche nella sua diversità, nella sua articolazione, nelle sue molteplici originalità. Che vanno quindi tutelate e valorizzate. Vogliamo ricordare il 1987 della Valtellina e delle valli qui vicine anche per trarre, dalle dure lezioni della storia, gli insegnamenti e le spinte per migliorarci e rendere più forte la nostra comunità, quella nazionale e quelle locali. Voi avete sperimentato - e avete da rivendicare con orgoglio il merito perché lo avete dimostrato - che questo percorso è possibile. |
cristina culanti
Autore dal 27/10/2021
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