Il parlar volgare
Di Méngu D’ora in poi, quando sosterò davanti ad un semaforo rosso nell’attesa dell’omino verde, con accanto un gruppo di ragazzi, mi turerò le orecchie. In verità dovrei turarmi le orecchie anche quando passeggio per i viali della mia città o quando entro in un bar. Insomma forse l’unico posto dove non mi turerò le orecchie sarà in una Chiesa dove solitamente regna il silenzio. Ma non sempre! Perché devo turarmi le orecchie ? Subito detto: per non sentire il parlar volgare. Non mi piace sentire l’uso di parolacce, di espressioni volgari in bocca a ragazzi e ragazze ben vestiti, profumati, curati nel fisico come bambolotti e bamboline, ma con la parlata da scaricatori di porto. Ammesso che gli scaricatori di porto parlino con espressioni colorite, come parlano alcuni giovani. Le parole indicanti l’organo maschile e femminile ormai è sulla bocca di tanti. Gli organi sessuali sono oggetto, nella parlata, d’ un intercalare ripetitivo, ridondante, ossessivo e, credo anche, sulla bocca di tante gentili signore e gentili signori che tal nome, a loro, mal si aggrada. La lingua italiana è piena zeppa di vocaboli che portano al “parlar gentile”, ma il parlar gentile non sembra più esser d’uso. La parolaccia, l’imprecazione, l’uso offensivo all’altrui persona sono sovente d’uso anche nelle trasmissioni televisive, nei talk-show politici, nei reality show, poiché sembra dare tono e attrarre attenzione al discorso o alla scena. A mio parere questo modo di fare è un sistema d’espressione verbale poco civile e poco gradito a tanta gente dai capelli grigi. La valanga di parole sconce e volgari sembra gradita anche per comunicare tra studenti delle scuole medie inferiori e superiori, persino tra gli universitari. Purtroppo si giunge, a volte, anche al turpiloquio. Se ai tempi della mia gioventù la denominazione del sesso maschile e femminile era proferita sottovoce tra i maschi e, qualche volta scritta e disegnata sui muri, ora è ormai di gergo comune nei maschi e nelle femmine, con varianti curiose e persino risibili tra paese e paese. In questo caso si può ben dire che la parità tra i sessi è avvenuta, e come! La bilancia del parlar volgare è ora in equilibrio tra maschi e femmine e forse pende dalla parte delle femmine poiché si sentono ragazze proferire, con i gesti rituali dei maschi, attributi, che per ora, le femmine non posseggono. Avrei preferito che le donne insegnassero agli uomini la gentilezza e mettessero in un cantuccio gli uomini rozzi. Ci si chiede se è forse stato l’ambiente famigliare che ha contagiato la gioventù d’oggi o è forse uno sfogo o una povertà di linguaggio ? L’ambiente famigliare può contribuire a render volgare la parlata, ma notiamo che questo linguaggio è d’uso comune a prescindere dagli studi intrapresi o dalla condizione sociale. Forse tale atteggiamento nei giovani è da ricondursi nell’imporsi ai propri coetanei con l’ atteggiamento dei grandi. Ecco dunque dove si annida il “peccato “: grandi e piccoli hanno impoverito il loro bagaglio culturale di vocaboli. Ricordo di aver letto che nel 1976 uno studente ginnasiale conosceva circa 1600 parole d’italiano. Dopo circa vent’anni le parole conosciute sono diventate circa 640 ed è probabile che al giorno d’oggi questo studente ne conosca ancor meno. La riduzione dei vocaboli impoverisce l’uso dell’espressione e si arricchisce di sinonimi figurati di sesso, di imprecazioni, di un intercalare monotono di parolacce, quasi a voler rafforzare un discorso e renderlo intuitivo. L’ascoltatore che non usa tale linguaggio rimane attonito e sconcertato nell’udire frasi mozze e punteggiate dal turpiloquio. Insomma l’espressione triviale sembra primeggiare. I giovani e anche i meno giovani leggono sempre meno e guardano sempre di più i mass- media . Taluni giornali sfoggiano immagini di violenza, di sesso e non di rado nei film si vedono titoli o sottotitoli con parole inizianti con una lettera seguita da puntini, poiché irriferibili . Oppure si sentono dialoghi interrotti con dei “ bit “ per tacere la parola volgare. In verità le così dette “ espressioni colorite “ sono da sempre esistite. Il turpiloquio è sempre esistito nella comunicazione parlata ma in questi ultimi decenni si è dato libero sfogo. Personalmente mi danno fastidio coloro che impiegano un vocabolo ( o al massimo due), riferito al sesso, per esprimere una emozione o un sentimento. Si consideri che il linguaggio triviale, sboccato, osceno denota mancanza di rispetto di se stessi e degli altri. Tra l’altro proferito in un luogo pubblico, il turpiloquio, è punibile con un’ ammenda. Non vorrei tirar il discorso troppo per le lunghe poiché mi rendo conto che questo mio parere vale come un buco nell’acqua. Concludo dicendo che il 13 novembre si celebra in tutto il Mondo la “ Giornata mondiale della Gentilezza”, istituita nel 1997 a Tokyo e timidamente arrivata anche in Italia nel 2000. Auguri giovani e anziani, un poco di gentilezza nel fare e nel parlare non guasta mai.
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