Etica di impresa
Un’altro seme dell’albero della filosofia morale e’ l’etica di impresa, la quale, negli ultimi trentacinque anni, ha attecchito nelle società economicamente evolute, assurgendo a materia di studio, ricerca e applicazione, nell’ambito accademico, imprenditoriale, politico e normativo. Il fattore contingente di questa evoluzione culturale, può rintracciarsi sia nei profondi turbamenti finanziari di questi ultimi decenni, affliggenti, in più periodi, i sistemi economici dell’occidente, sia nella crescita allargata di una maggiore e nuova percepibilita’ dell’ambinte. Tradotta ora con interventi prettamente filosofici, ora con risoluzioni pragmatiche, consone a un’opera di adeguamento ai modelli di gestione d’impresa, l’etica aziendale e’ declinata in varie sfumature dal governance delle unita’ operative, comunque tutte tese alla dotazione di strumenti atti alla misurazione del comportamento etico, inteso a presidio del valore reputazionale e di legittimazione delle attività strumentali, poste in essere per il raggiungimento del fine proprio e ultimo dell’impresa. Non propongo qui nulla che attinga all’etica in senso proprio, protesa al puro bene collettivo, sarebbe scivolare verso le pur attraenti figure idealistiche di un mondo dell’economia in tendenza perfetto; cercherò soltanto di disegnare, teorizzando al momento, le primarie e fondamentali linee dell’etica aziendale che non può prescindere e non potra’ mai disgiungersi dal connotato preminente dell’esigenza di ritorno economico e quindi del raggiungimento del profitto. Nella impossibilita’ di misura, per essenza stessa del comportamento etico, soggiorna la difficoltà di coniugare uno schema integrato a principi etici, appunto, con figure portanti interessi economici di impresa. L’indubbio travaglio di questo cammino, non può che rivolgersi all’equilibrio costante tra le entità di principio e le grandezze pratico funzionali, per tendere al meglio alla ideazione ben calibrata di formule metodologiche adeguate. Tale processo, si appalesa oggi alla facile constatazione che le risorse intangibili, decisamente hanno generato il precoce invecchiamento delle molte regole mercatili nazionale e internazionale, favorendo il felice profilarsi di nuovi fattori valutativi aziendali. Infatti, accanto al bilancio di esercizio, troviamo, per citarne solo due tra le più importanti, la capacita’ di creare qualità, grazie alla conoscenza, la professionalità, la specializzazione delle risorse umane e l’attenzione ambientale, esplicantesi nei corpi regolamentari e organizzativi e nei processi produttivi. Un aspetto altrettanto interessante, ma non semplice da calarsi nelle realtà produttive, si rileva partendo dall’assunzione che l’impresa e’ un’aggregazione umana spontanea e razionale, la cui finalità sta’ nel raggiungimento di interessi comuni a ciascun componete. Questa conformazione costitutiva, custodisce in se tanto un tratto dell’etica individuale, riferibile alle regole di comportamento di ogni partecipante la società impresa, quanto un’impronta, per così dire, organica, riferibile alle regole comportamentali di cui si e’ dotato il nuovo organismo impresa, nel suo complesso e nell’agire esterno. La risultante di codici etici d’origine diversi, riconosce nell’azienda, quale prima assuntrice dei pregressi ruoli sociali degli individui che la compongono, il palcoscenico privilegiato al confronto e alla mediazione dell’interscambio dei valori etici, assumendo uno stato di interdipendenza tale che il comportamento individuale incide su quello societario e viceversa, in un circolo senza sosta e non privo di lacerazioni. Solo questi due punti appena enunciati, fra i tanti che possono discutersi, sono sufficienti a far risaltare quanto affascinante sia stata, e ancor più oggi sia, la straordinaria trasmutazione del principio etico così concepito e maturato nell’ambito di una secolare filosofia, in principio etico di impresa, che si concilia con gli asset di bilancio, che partecipa significativamente al giudizio qualitativo di una data impresa e che vede tanti protagonisti diversi prodigarsi nel compito di svolgere due fondamentali attività concomitanti:l’una rivolta alle strategie e politiche d’impresa; l’altra attenta ai comportamenti etici. Uscendo dal campo dei principi, delle analisi, delle teorizzazioni, necessariamente ci rimane il confronto col mondo reale, che palpita nelle trame di un tessuto pragmatico e concreto, a salvaguardia di interessi vitali non sempre informabili ad alcuni dettami morali salvo se non in parte eluderli. Le leggi, i regolamenti e ogni altra espressione legislativa vigente, certamente fungono da grosso deterrente, da freno per marginare la facile violabilita di alcuni valori fondamentali, pero’ esse, pur avendo raggiunto un certo grado di perfezione giuridica, di capillare esame delle condotte e del largo spettro di fattispecie a cui fanno riferimento, conservano un trend di sviluppo non lineare, se non in qualche caso ipertrofico. Tale stato di cose indebolisce l’assolvimento della piena, sicura, omogenea e corretta applicazione delle regole di equità, giustizia, socialità, solidarita’, rispetto, trasparenza, ecc. Perché si possa migliorare il quadro di interventi legislativi, devono concorrere almeno un paio di condizioni, una propria alla formazione delle leggi, l’altra, più generale, popria ai destinatari delle leggi. La prima andrebbe superata da un nuovo spirito del legislatore di guida all’accoglimento, da parte della società produttiva, di nuovi modelli economici, i quali siano in grado di declinare il profitto in concorso con altri principi di paritaria importanza che abbiano radice etica, quest’ultimi preposti ad irrorare i meccanismi di seguimento dei legittimi interessi di impresa senza avvilire ma moderare gli scopi prodromici. Non vi e’ spazio qui per farne una elencazione ma mi e’ caro invitare il lettore a una propria riflessione. A questa nuova auspicabile impostazione, il sistema economico liberale vigente, sarebbe più protetto dalle incursioni fraudolenti. Il secondo punto, piu generale ma non meno rilevante, dovrebbe seriamente soffermarsi sul fatto che i dettami etici, prima di essere patrimonio di un ordinamento giuridico, devono essere componenti di una dimensione morale, culturale, propria a ciascun individuo; il superamento della competizione tra ambiente e sviluppo, per esempio, alle iniziative dei poteri legislativi nazionali e internazionali, regionali o locali, così come alle proposte e all’attivismo sul territorio delle organizzazioni spontanee rivolte al sociale, deve altresì in se presentare il germe dell’assoluta convinzione di procedere a una revisione degli stili di vita, dei modelli comportamentali, di nuovi meccanismi di approccio economico in ciascun individuo. Bisogna dunque procedere con formazione e informazione rivolta all’intera società per colmare la mancanza o supplire alla blanda aspirazione di una cultura etica, finalizzata solo a formarsi una certa tranquillità amministrativa ovvero a ritagliarsi un buon veicolo pubblicitario, piuttosto che l’appagamento di una richiesta della coscienza civile. Concludendo, dobbiamo riconoscere l’indubbio processo positivo di questi ultimi anni che ha portato senz’altro, nel pensiero e nel gergo comune, l’embrione del principio della sostenibilità, dell’importanza conservativa della natura. Il percorso, pero’, e’ ben più lungo; troppi ancora sono i casi in cui il brigante si fa gentiluomo, animato di apparenti buoni propositi, agisce nell’ombra per perpetrare l’inganno. La lucida consapevolezza, la vitale speranza e la perseveranza, sole potranno condannare, ogni azione contraria alla civile e umana convivenza, all’abiura della buona coscienza sociale. Luca Matteo Rapallino
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