federalismo e cittadinanza
federalismo e cittadinanza

Sintesi fatta da me su un articolo di Salvo Andò apparso sulla rivista mensile Mondoperaio n. 8/9 20

mondoperaio          

leggi l’articolo integrale : lucavitali.altervista/doc/FED8

Federalismo e diritti di cittadinanza

Dopo un lungo confronto si è approvata la legge delega 42/2009 di cosiddetta riforma del federalismo fiscale che prevede una serie di principi direttivi e conferisce al governo delega ad emanare una serie di appositi decreti legislativi. Nonostante l’enfasi posta sull’attuazione del federalismo la norma ha molto più modestamente l’obiettivo di tentare di riformare l’attuale sistema di finanziamento di Regioni ed enti locali attraverso una lunga sequenza di atti amministrativi e un lungo periodo di transizione (cinque anni). La sensazione è che il processo di attuazione della legge delega 42/2009 si avvii ad essere l’ennesima occasione mancata di un paese che sembra aver smarrito la capacità di avere classi dirigenti in grado di sostenere il peso politico del proprio progetto riformista. La personalizzazione delle leadership produce meccanismi di accentramento di potere che, pur essendo un tratto di semplificazione dei processi democratici che accomuna le moderne democrazie, nel nostro paese, complice anche il sistema elettorale, ha prodotto vistose crepe in quell’equilibrio tra i poteri di cui vive la democrazia costituzionale. Il processo di decentramento non vive solo di massicci trasferimenti di competenze dal centro alla periferia, ma altresì di criteri di raccolta delle risorse e di allocazione delle stesse. L’idea corrente è che sia vantaggioso affidare all’autogoverno delle comunità locali la gestione di servizi che a livello nazionale non sempre sono stati gestiti in modo economico ed efficiente, ma bisogna considerare anche i possibili rischi in termini di efficienza. Spostare l’esercizio di una funzione amministrativa da un unico organo articolato in più strutture decentrate a più organi significa, anzi, moltiplicare le strutture pubbliche, e con esse le mediazioni ed anche le forme di ingerenza del potere politico nella vita amministrativa. Il decentramento, inoltre, anche nella logica federale più spinta non implica che il reddito prodotto dal territorio debba restare sul territorio che lo ha generato, né che l’autonomia finanziaria dei territori debba essere talmente spinta da ledere principi di valore costituzionale o lo stesso sistema di finanza pubblica. Il sistema di finanziamento delle autonomie locali deve invece trovare un difficile punto di equilibrio tra l’esigenza di garantire un adeguato livello di autonomia finanziaria degli enti decentrati, la garanzia di uniformità nel livello di offerta dei servizi pubblici, la stabilità e sostenibilità per il sistema di finanza pubblica in conformità ai criteri stabiliti anche in ambito UE.  In Italia il processo di decentramento delle funzioni nasce da un’esigenza reale di superamento dell’assetto burocratico frammentario delle autonomie locali scaturito dalle riforme degli anni 70-80. Il federalismo consente da questo punto di vista un migliore equilibrio tra centro e periferia ed una maggiore partecipazione attiva dei cittadini alla gestione della cosa pubblica. Esso consente inoltre una migliore organizzazione dello Stato sociale, conquista irreversibile dello Stato contemporaneo, che trova fondamento in concetti e valori di cui è intrisa la nostra Carta Costituzionale e di cui è innegabile il valore fondativo nella stessa idea di comunità nazionale. Non possiamo poi parlare di federalismo fiscale senza sottolineare che in questa materia un ruolo centrale assume la prescrizione del 2° comma dell’art. 3 della Costituzione, che attribuisce alla Repubblica il compito fondamentale di “rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.” Non vi è dubbio che l’art. 3, la cui impronta socialista è evidente, è tuttavia un articolo che non limita al solo intervento pubblico il ruolo fondamentale di promozione della persona umana, ma anche alle altre organizzazioni sociali ove l’individuo attua con pienezza la propria personalità. Questo risulta rafforzato dalla lettura congiunta con l’art. 2, che impegna la Repubblica al riconoscimento dei “diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale.” Da queste prescrizioni il federalismo fiscale può trarre, attraverso il principio di sussidiarietà, nuove potenzialità e una moltiplicazione di iniziative dal basso di rafforzamento della cultura della solidarietà. In questo senso il federalismo può esaltare le disponibilità proprie della società civile andando oltre la domanda di efficienza e di valorizzazione degli interessi locali normalmente evocati dai fautori del federalismo. L’idea federalista può però diventare anche una bandiera agitata da gruppi che rivendicano presunte “identità” locali distinte da quella nazionale, o più semplicemente un tentativo egoistico di trovare approdi localistici ad una tranquillità sociale minacciata dalla sempre maggiore competizione della società globalizzata e dalla crisi fiscale degli Stati nazionali. Inoltre il trasferimento di potere dal centro alla periferia non comporta automaticamente processi di semplificazione sul piano degli apparati burocratici, ma sovente comporta duplicazioni inutili di uffici, considerato che le vecchie strutture sopravvivono anche quando le funzioni che esercitavano vengono devolute ad altri livelli di governo. In conclusione il federalismo sarà pure un paradigma del cambiamento ( necessario per fare costare meno gli apparati pubblici, o per tentare di farlo), ma in una situazione in cui esso pare doversi ridurre alla mera riorganizzazione delle attività di prelievo fiscale e di riorganizzazione delle risorse esistenti, lasciando immutati gli assetti istituzionali tipici dello Stato centralista , esso poco inciderà sulla qualità dei diritti di cittadinanza.


Data: 05/12/2011