Il Bitto storico e i Bravi di Ron Rodrigo
Alla vigilia del Salone del Gusto sono numerose le notizia di stretta attualità che vedono protagonista il Bitto storico. Tra riconoscimenti e angherie il Bitto storico va avanti con la consapevolezza di rappresentare una bandiera di resistenza casearia, umana, condadina. Come tutte le bandiere rappresenta un riferimento luminoso per alcuni, un simbolo da distruggere per altri. È emblematico che mentre il Bitto storico sia oggetto di interesse delle componenti politiche e dell’ente di ricerca della Regione Lombardia, la DG Agricoltura perseveri nel trattare i produttori del Bitto storico come appestati. Mentre appaiono in televisione ("Che tempo che fa") con Petrini e i presidi Slow Food mondiali più rappresentativi quali rappresentanti italiani di una agricoltura eroica. I bravi di Don Rodrigo esistono ancora di Michele Corti Mentre si montano gli stand del salone del gusto a Torino arriva questa mattina a Gerola alta (dove Ciapparelli sta mettendo a posto il centro del Bitto prima di partire per Torino) una telefonata da Slow Food: la Regione Lombardia (leggi qualche funzionario della DG agricoltura) minaccia di rititarsi dal Salone con lo stand istituzionale se di fronte ci sono quelli Bitto storico. Lo stand dei presidi di Lombardia è infatti di fronte a quello istituzionale della Regione e il Presidio del Bitto storico doveva essere ovviamente li. Ciapparelli per senso di responsabilità accetta di spostarsi di 50 m. A me questa storia fa venire in mentre i bravi di Don Rodrigo. "Quello stand lì non ci deve stare". Ma con quale diritto? I produttori del Bitto storico, anche se fossero produttori come gli altri meritano un trattamento simile? Come può una grande istituzione angariare un gruppo di produttori agricoli nel contesto di iniziative per promuovere l’agricoltura lombarda e i suoi prodotti di eccellenza? Molti hanno visto lunedì sera Ciapparelli e la Cristina Gusmeroli (casara di 18 anni) a "Che tempo fa" con Petrini e i più significativi presidi dei mondiali di Slow Food erano li a rappresentare l’Italia dell’agricoltura eroica. Chi non li ha visti avrà forse letto La Provincia che oggi dava ampio spazio alla cosa. Regione Lombardia ha già fatto una magra figura il 12 ottobre quando a Morbegno al Convegno sulla zootecnia di montagna Fausto Gusmeroli non ha potuto parlare per il veto dell’Ass. De Stefani. Al posto di un vero esperto di zootecnia, pascoli, prati e formaggi (per questo da fastidio) hanno chiamato TIRELLI, amministratore delegato di IPERAL. Bella figura per la Regione Lombardia presente a Morbegno con tutto il vertice agricolo (ex-assessore e super-burocrati) accettare i veti di un ass. provinciale ad una manifestazione organizzata da lei e da lei sponsorizzata.
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Data: 25/10/2012
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28/10/2012, 12:09 Dal Salone del Gusto
Mario Catania, Ministro dell’Agricoltura, ha presentato un disegno di legge per fermare la cementificazione in Italia, anche se i lavori, a suo dire vanno a rilento: “E’ un momento decisivo, non possiamo lasciare ai nostri figli e a i nostri nipoti un territorio compromesso”. Il consumo del terreno agricolo è una problematica urgente, alla luce del fatto che in futuro potrebbe mancare il cibo, oggi occorre fermare il consumo ulteriore del suolo agricolo: è un problema di tutti e va’ tutelato, è il nostro futuro… Non cementificare, ma tutelare il suolo agricolo. Questo l’appello lanciato dal Salone del Gusto di Torino, e Carlo Petrini, presidente di Slow Food, sottolinea: “Nasceranno esempi virtuosi di agricoltura urbana, per forza, noi viviamo perché mangiamo, se pensiamo che il nostro futuro sia lavorare con il computer forse sbagliamo…” “L’80% dei semi del mondo appartengono a 5 multinazionali – ha continuato Petrini – servono nuovi paradigmi, una nuova politica, così non va’. Il seme non può essere proprietà privata, è la vita, è garanzia di sostenibilità, si formino banche dei semi nei villaggi, nelle città, non può essere origine di business, di profitto. Perché devo mangiare un pane che è uguale per tutti quando ho possibilità di assaggiare gusti diversi? La gastronomia locale, identitaria, va' mantenuta, no all'omologazione”. Al Salone del Gusto ci sono anche i Presidi valtellinesi del Bitto Storico, del Grano Saraceno… Sempre Carlin Petrini: “I contadini sono qui come rappresentanti delle comunità, torneranno a casa con tanta autostima, cambieranno il mondo. Tutto parte dai contadini, dai pescatori”. |
cristina culanti
Autore dal 27/10/2021
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26/10/2012, 19:07 "Un ricatto inaccettabile"
di Michele Corti Solo gesti di ribellione, di trasparenza, di onestà "eversiva" possono smontare il sistema di corruzione legate e illegale, ricatti, collusioni sul quale si regge il sistema politico-istituzionale-corporativo. le istituzioni e il "parapubblico" sono solo la punta dell’iceberg di un sistema di potentati diffusi che rendono complici, come in una immensa tela di ragno, tanti, troppi italiani. Non fosse così il sistema politico (la punta dell’iceberg) sarebbe già imploso. Il Bitto storico, un formaggio d’alpeggio fatto "all’antica" fatto da gente semplice ma determminata e onesta dentro tutto questo rappresenta un caso esemplare. Un caso che mette a nudo la miseria delle istituzioni, spesso paravento di cricche senza legittimità alcuna a gestire il potere che detengono. Le istituzioni non sono (purtroppo) "di tutti" ma "cosa loro" ed è meglio esserne consapevoli Paolo Ciapparelli, presidente dei "ribelli del Bitto" ha accettato, per senso di responsabilità, di traslocare lo stand del più famoso presidio italiano al Salone del Gusto di Torino lontano da dove gli uomini della casta non volevano che stesse. Ma oggi intervoistato dichiara: "Voglio che escano i nomi di Renato Ciaponi e Marco Deghi, i nemici del bitto storico che ci hanno fatto subire questa angheria". Ciapparelli non parla a vanvera perché le "pressioni" (ma sarebbe ora di dire pane al pane e vino al vino e di chiamarle ricatti) sono state raccolte da Raffaella Ponzio, responsabile dei presidi italiani nell’ambito di Slow Food. È lei che si è rivolta a Ciapparelli per riferire del ricatto "o via il Bitto storico dal posto di fornte allo stand istituzionale della regione Lombardia o va via lo stand". Slow Food, come in altre circostanze, lasciava a Paolo la decisione ma era chiaro che gli si metteva sulle spalle una scelta troppo pesante. Intanto la notizia rimbalza a Bergamo (dove il Bitto storico orobico ha grande considerazione e il titolone non è bello da vedere. In tutta questa faccenda la Regione Lombardia ha una responsabilità pesante con la sua delega in bianco alle caste valtellinesi politico-agroalimentari (tra l’altro è un ex-burocrate regionale). Non si capisce neppure perché Slow Food non abbia inteso resistere senza caricare al povero Ciapparelli il peso di tanta responsabilità. Perché non rimandare al mittente una minaccia che era un bluff palese (oltre che espressione di arroganza smisurata)?. Chi può credere che con lo stand quasi già finito di montare la Regione Lombardia si sarebbe ritirat? In quale cosmica figuraccia sarebbe incorsa? Conveniva veramente all’istituzione (e non ai proconsoli che per delega la rappresetavano copo degnamente a Torino) fare la parte dei bravacci che minacciano i piccoli eroici produttori del Bitto storico. No di certo. Redsta l’amaro in bocca e qualche interrogativo. |
cristina culanti
Autore dal 27/10/2021
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