IL FUTURO DELLA VALGROSINA E? LA PASTORIZIA
Il futuro della Valgrosina è la pastorizia. E’ un concetto importante, capace di destabilizzare le persone anziane che hanno sempre lavorato i prati della Valle (e che vorrebbero continuare a farlo) e che mi è sorto dopo aver letto il racconto Al pastor di fedi scritto da Felice Besseghini per il concorso indetto dalla biblioteca civica e dedicato a Anna Cavalli. Divagazione letteraria: per quanto mi riguarda il racconto di Felice è il migliore dei 26 elaborati pervenuti (sinceramente invece non capisco il secondo posto per La favola di Astutillo di Laura Grassi). Leggendo il racconto di Felice "Pusciavin" mi ha colpito il concetto che “ai tempi gli ovini si davano in custodia in Val di Sacco e in Val d’Avedo, era un obbligo più che una facoltà”. Per obbligo si intende una legge scritta o una norma morale? Alcuni anziani affermano che ci fosse un regolamento comunale ma la sensazione è che la consegna dei capi al pastore era più una consuetudine derivata da un obbligo morale che un’imposizione derivata da un regolamento scritto. Mi chiedo allora perché non si possa ritornare a questa antica norma, ora che i giovani non hanno più alcun interesse (economico, ma anche morale) a falciare e sistemare i prati della Valle. Gli introiti derivano infatti da altre fonti di reddito e -anche in tempi di crisi economica come quello attuale con difficoltà a trovare o a mantenere un posto fisso- difficilmente si tornerà a sostenersi solo allevando capre e mucche. Dall’economia di sussistenza (in vigore nella nostra realtà fino agli anni Cinquanta dello scorso secolo) si è passati rapidamente alle economie di scala e di mercato, con buona pace dei vecchi che sostengono a spada tratta un ritorno alla "economia de la vachina" (economia della mucchina). A prescindere dalle ricerche di mercato -che lasciamo ad altri e più titolati analisti fare- i vecchi ritengono che la sistemazione dei prati in Valgrosina, anche se non è sostenibile economicamente, è giusta e necessaria in ricordo agli antenati che non hanno mai venduto i terreni, nemmeno se pressati da stringenti contingenze. “Nelle giornate estive serene non riesco a stare ferma, c’è come una forza che mi spinge e che mi dice -devi andare a falciare i prati-” questo il leitmotiv di mia mamma, ma credo che altri vecchi facciano lo stesso ragionamento. Ammetto di provare la stessa sensazione nelle giornate invernali, quando vedo la linea di luce tracciata dal sole che scende lentamente sul fianco della montagna e “sento come una forza che mi spinge e una voce che mi dice -devi andare a sciare per non sprecare una giornata così bella-”. Ergo quella degli anziani è una passione per la montagna (come la mia per gli sport invernali) e non un mero obbligo nei confronti delle generazioni passate. Ora mi sovviene un’altra immagine ed è quella dei prati sopra Ravoledo con delle grandi chiazze bianche formate dagli ovini al pascolo. Un’immagine bucolica che non mancherebbe di suscitare emozioni nei turisti (pochi per ora) che speriamo vengano a visitare la Valgrosina, anche se ammetto che un prato pascolato non è bello quanto uno falciato. Ma se nessuno si prende carico di sistemare i prati, almeno quelli più accessibili, non vedo altra soluzione a quella della pastorizia. Mettendo tra parentesi le aziende agricole che si limitano a falciare i prati di fondovalle (in quanto troppo oneroso per loro andare in Valle). Perché allora non radunare gli ovini presenti sul territorio di Grosio (dai 300 ai 500 capi secondo una stima spanno metrica) e darli in gestione ad un pastore locale? Tanto più che da qualche anno l’amministrazione comunale permette l’accesso in Valgrosina ad un pastore bergamasco e ai suoi 1000 capi. Con la soluzione della pastorizia si avrebbero degli indubbi vantaggi: sistemazione dei prati in concomitanza con le greggi bergamasche, possibilità di lavoro stagionale per un giovane disoccupato o per un adulto esodato (dai 5000 ai 10.000 euro all’anno a seconda dal contributo richiesto per ogni singolo capo, che sarebbe integrato dall’amministrazione) e, non da ultimo, termine perentorio alle greggi lasciate libere che (come succede fino ad oggi) sconfinano nei terreni altrui. Per permettere tutto questo è però necessario un cambiamento di mentalità e di cultura, per ritornare a quell’obbligo, morale prima ancora che scritto, che imponeva di dare i propri animali ad un unico pastore. Dall’altra parte bisognerebbe superare i personalismi e le invidie e permettere che tutti i prati della Valle indistintamente possano essere convertiti a pascolo. Avverrebbe così la visione di qualche lungimirante anziano: “dall’inizio di maggio le greggi che risalgono la Valle a partire da S. Giacomo”. Ultima divagazione letteraria: dei 26 racconti mi è piaciuto molto anche Pier di Angela Iemoli, compagna di Vincenzo Besseghini che ha dato un input commerciale e di mercato alla Casina Toni. Nel suo ridondante elaborato Angela ci spiega quali sono i veri valori della vita: il lavoro, la famiglia (quella che andremmo a creare, non quella di origine), le passioni.
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