Il professor CORTI e la guerra del pizzocchero
Il professor CORTI e la guerra del pizzocchero

“Uno show esilarante”. Così definisce la “guerra del pizzocchero” tra Sondrio e Bergamo MICHELE CORTI, docente di Sistemi zootecnici e pastorali montani all’Università degli Studi di Milano, nonché ex assessore della Regione Lombardia all’Agricoltura. 

Il suo articolo è apparso sul sito ruralpini e il titolo è eloquente: UNA IMPROBABILE BATTAGLIA IN NOME DELLA CULTURA E DELLA STORIA (TRAGICOMICA VICENDA DELLA GUERRA DEL PIZZOCCHERO. 

 

Nel suo scritto Corti difende a spada tratta il vero pizzocchero valtellinese, quello della ricetta dell’omonima Accademia di Teglio, il Presidio Slow Food del Grano Saraceno e i pizzoccheri chiavennaschi (gnocchetti di farina bianca serviti con sole patate) , ma non risparmia critiche al pizzocchero industriale Igp, supportando la sua tesi con un’articolata indagine storica...

 

Riportiamo parte dell’articolo:

 

“La Valtellina degli industriali alimentari e dei politicanti ha da tempo capito che l’agricoltura non serve, è un optional. Il business alimentare funziona benissimo - anzi meglio - se si usa l’ingrediente purificato dell’immagine, della rappresentazione della montanità, della valtellinesità. Per poi smerciare funghi, marmellate, pizzoccheri, bresaole di zebù brasiliano, violini di capra spagnola (in parte anche formaggi) prodotticon materia prima rigorosamente global. È stato il comm. Emilio Rigamonti ad aprire la strada sin dagli anni ‘70 con la bresaola di carne congelata di zebù brasiliano con il risultato che alla fine i brasiliani si sono comprati le aziende leader (compresa la sua). Gli altri comparti dell’agroalimentare hanno seguito l’esempio.

Certi personaggi hanno capito che le più grandi risorse “imprenditoriali” sono l’appoggio politico garantito da canali sicuri, le mammelle della Regione e... la dabbenaggine del consumatore. Hanno però trovato sulla loro strada un ostacolo che hanno a lungo sottovalutato ma che si sta rivelando formidabile: i ribelli del bitto storico (Davide contro Golia). Ora sono incappati in un altro agguerrito avversario: un pastificio bergamasco che non ne vuole sapere di rinunciare a produrre “Pizzoccheri valtellinesi” (con qualche buona ragione dalla sua visto che lo fa da oltre mezzo secolo)”. [...]

 

“Il giorno 19, l’altro ieri, presso la Camera di Commercio di Sondrio si è svolta la seduta per la presentazione del Disciplinare dei Pizzoccheri della Valtellina IGP (già approvato dalla Regione Lombardia). C’erano Emanuele Bartolini, presidente della Camera, Patrizio Del Nero, direttore del Distretto agroalimentare, Severino de Stefani, assessore provinciale, tutti personaggi che chi segue la saga del bitto storico conosce bene (inquadrati tra i “cattivi”). A rompere le uova nel paniere i rappresentanti della ditta Pastificio Annoni di Fara Gera d’Adda in provincia di Bergamo che hanno ribadito i motivi di opposizione (i rappresentanti dell’Accademia del Pizzocchero di Teglio, invece, hanno preferito marcare con la loro assenza il loro dissenso di “talebani del Pizzocchero”).

La ditta Pastificio Annoni non da oggi che contesta il monopolio sondriese della produzione del “Pizzocchero valtellinese”.

A parte il punto nodale della localizzazione della produzione che i sondriesi vogliono far coincidere con “tutta la provincia di Sondrio e nient’altro che la provincia di Sondrio” qualcuno nel corso della seduta ha rilevato un errore macroscopico nella stesura del disciplinare laddove si precisa che la pasta è “derivata dall’impasto di grano saraceno e sfarinati” . Una dizione a dir poco imprecisa dal momento che non si impasta il “grano”, ovvero gli acheni (granelli) ma la farina (detta “fraina” o “farina bigia”). E pensare che diverse istituzioni hanno “controllato”. Svista? Per nulla. La ratio dell’operazione industriale si regge su una materia prima a basso costo (è stata la “genialata” di Rigamonti valorizzare la carne dura e tigliosa dello Zebù). Parlano di “grano saraceno” gli industriali e i funzionari compiacenti dei vari enti (Camera di Commercio, Provincia, Regione) hanno legittimato la formula industriale del Pizzocchero. In realtà il Pizzocchero Valtellinese ne esce umiliato. Perché il Disciplinare prevede praticamente tutti i formati sfornati dalla Moro Pasta (tranne i “fidelini del Moro” che sono un marchio aziendale che Moro si gioca per conto proprio in una scoperta ma un po’ spregiudicata operazione di differenziazione commerciale)".

 


Data: 24/01/2012
 
29/01/2012, 20:17
E il vino?

L’ultima volta che sono arrivata in Valtellina ho scoperto un piccolo produttore non iscritto al consorzio vini ma che produce uno Sforzato speciale, fruttato, corposo e quando ho avvicinato la bocca al bicchiere mi è sembrato di sorseggiare il territorio.  ho trovato quello sforzato molto più speciale di molti altri.  

 

Mi avete fatto riflette su questo quando ho letto il caso del Bitto.

 

la iena


Autore dal
27/10/2021

24/01/2012, 15:51
chiarezza

Brava Cristina che hai riportato questo articolo. L’importante è in definitiva non imbrogliare il consumatore. Vedremo quante altre testate giornalistiche locali lo riporteranno (Il Giorno lo ha già fatto). Sul sito ruralpini si può anche commentare l’articolo. Si trovano anche molti altri spunti e articoli ( mai ripresi a livello locale) riguardanti l’agricoltura in provincia di Sondrio.
lucavi


Autore dal
27/10/2021