06/11/2012, 16:40 recensione
Recensione della prima edizione: L’acqua è una delle principali risorse dei territori montani in Italia e in particolare delle Alpi: per secoli ha rappresentato l’unica fonte di energia per le produzioni artigianali e per la nascita delle prime industrie vallive. Al proposito, ancor prima della storia dell’utilizzo idroelettrico, non è ancora stata fatta una adeguata ricerca sulla fitta trama di canali, di prese d’acqua, di chiuse, che alimentavano mulini,pile, segherie, folle, fucine, magli, né è stato adeguatamente studiato il fenomeno che vide –tra la metà e la fine del XIX secolo- i torrenti alpini protagonisti di un processo di deforestazione vastissimo. La flottazione dei tronchi, utilizzando la portata ancora consistente dei torrenti nelle valli laterali, fu il mezzo principale utilizzato dai privati che acquisirono iboschi delle comunità di villaggio messi all’asta dal governo Austriaco. Eco dei danni causati direttamente da questa tecnica – per non parlare di quelli indiretti dovuti all’utlizzo speculativo delle foreste- si hanno in tutti i primi studi di storia economica, di quel periodo su Valtellina e Valchiavenna, dal Francesco Visconti Venosta a Pietro Rebuschini. E’ però a partire dalla fine dell’Ottocento che “l’oro bianco” delle Alpi diventa oggetto di un particolare interesse: tra il 1894 e il 1918 si forma il principale nucleo di impianti idroelettrici e sorgono le prime centrali (Campovico 1899-1901). Le iniziative e i capitali vengono, naturalmente dall’esterno e la comunità locale, ancora fortemente caratterizzata da una economia agricola e pastorale, non è in grado di porsi con forza come soggetto interlocutore di queste realtà. Con facilità le grandi finanziarie e il comune di Milano ottengono le concessioni per costruire gli impianti, avviando un processo di trasformazione sociale ed eeconomico che si protrarrà per decine di anni. Questo processo porterà ad una grande trasformazione, fin dai primi decenni del secolo, all’interno della cultura tradizionale ove,per la prima volta nella storia, si affacciò la prospettiva di un lavoro salariato in loco, con la richiesta di molta manodopera, in particolare per lo scavo delle gallerie sotterraneee per la costruzione delle dighe. Ben presto ci si rese però conto che le trasformazioni non portavano ad un vero processo di industrializzazione delle valli. Cambiava, per la prima volta, l’ambiente alpino: le dighe, le condotte, le linee elettriche e l’architettura delle centrali (in alcuni casi di notevole valore architettonico) evidenziavano, con quello che è stato chiamato “paesaggio elettrico”, l’ingresso di Valtellina e Valchiavenna all’internodi un processo inarrestabile di cambiamento. Giuseppe Songini ha ben descritto l’evolversi di questa storia in un volume, pubblicato nel 1994 (“L’energia elettrica in provincia di Sondrio”). Ora, con questo “libro bianco”, Songini porta all’attenzione di tutti una problematica di estrema importanza e attualità: nel quadro di un ritorno economico già non equilibrato rispetto ad altri territori limitrofi alpini (come la Svizzera o l’Alto Adige),è evidente l’utilizzo di un quantitativo vistosamente superiore di acqua, da parte delle attuali concessionarie, rispetto a quanto pattuito. C’è un motivo, dunque, per cui i torrentidi molte valli sono sempre quasi a secco o a secco del tutto e questo è ancor più preoccupante con il moltiplicarsi di ulteriori richieste di concessioni per l’utilizzo dei “piccoli salti” –che spesso “piccoli” non sono e interessano una vasta parte dei tratti dei torrentinon ancora utilizzati dalle grandi concessionarie. Le istituzioni locali, e in particolare la Provincia di Sondrio, non possono pensare ad un adeguato sviluppo del nostro territorio senza affrontare una delle problematiche più cruciali per il nostro futuro, invista anche della scadenza delle concessioni, prevista per il 2010. L’acqua è la nostra principale risorsa e qualsiasi discorso istituzionale che non affronti seriamente questo problema, semplicemente, non è serio. |
lucavi
Autore dal 27/10/2021
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