L’intervento
"Perché sono contrario alle privatizzazioni" di Remo Valsecchi, cittadino La privatizzazione o la ripubblicizzazione dei servizi pubblici è il tema del giorno che, purtroppo, una triste tragedia ha drammaticamente riaperto. Preferisco usare il termine "ripubblicizzazione" invece di nazionalizzazione perchè il fenomeno della privatizzazione riguarda la gestione e non la proprietà che è e resta pubblica. Un servizio pubblico è tale perchè reso alla collettività, non per il soggetto che lo gestisce, e dovrebbe, oggettivamente, non avere rilevanza economica anche se organizzato in forma d’impresa. Un servizio pubblico dovrebbe essere efficiente, efficace ed economico. Dovrebbe essere di qualità tale da garantire la soddisfazione dei bisogni dei singoli cittadini e la tutela dell’ambiente, sotto ogni aspetto, oltre ad essere il meno oneroso possibile. Il bisogno è la mancanza di qualcosa necessario o opportuno per realizzare il benessere di una persona. La "piramide di Maslow" (psicologo statunitense del secolo scorso - ndr), individua i "bisogni" e la loro gradualità. Affermava Maslow che per realizzare il benessere devono essere soddisfatti tutti i bisogni iniziando da quelli fisici o fisiologici. Non possiamo pensare che i privati debbano svolgere una funzione sociale, non compete a loro, compete allo Stato. Sono proprio i servizi pubblici che svolgono questa funzione concorrendo anche alla redistribuzione dei redditi e allo sviluppo sociale della collettività. Se concordiamo sulla centralità dei servizi pubblici nella soddisfazione dei bisogni essenziali, che non sono solo quelli fisiologici, ma anche la sicurezza, la salute, la cultura e l’ambiente, diventa naturale, almeno sul piano ideale, individuare a chi compete garantirli. Il privato fa "business", il suo obiettivo principale è economico, fare utile. Guai se non fosse così. Personalmente difendo questo ruolo del privato perchè attraverso la ricerca della realizzazione del suo obiettivo si confronta con la concorrenza, con il mercato ed è complementare allo Stato nella soddisfazione dei bisogni delle persone integrando quelli primari con quelli che realizzano piacere e soddisfazione e dai quali, lo Stato deve stare lontano. Perchè questo si realizzi è necessario uno Stato efficiente e una politica proiettata verso gli interessi della collettività non solo con le enunciazioni ma con i fatti e gli atti. Non è compatibile la teoria liberista o neo-liberista essendo compito dello Stato una funzione regolatoria anche delle attività private. Proviamo ad affrontare l’aspetto più concreto dell’organizzazione della gestione dei servizi pubblici. Entrambe le organizzazioni, pubblica e privata, hanno la medesima struttura: la proprietà, il mangement (gli amministratori), il personale direttivo e i lavoratori. Per quanto riguarda i lavoratori non cambia nulla, l’unica preoccupazione è dovuta alla sempre più crescente precarizzazione che ha indebolito la fidelizzazione verso l’azienda e, soprattutto, ridotto la qualificazione professionale. Le critiche ai dipendenti pubblici sono errate e offensive nei confronti di tutti quelli, e sono la maggior parte, che prestano la loro attività in modo serio e responsabile. Qualche mela marcia? esistono anche nel privato, è un problema del singolo, è errato generalizzare. Bisogna intervenire in modo serio e, quasi certamente, si può rimediare. Per il personale direttivo, vale quanto detto per i lavoratori con qualche distinguo. Nel pubblico spesso, purtroppo, sono il risultato di clientele e, quindi, funzionali e dipendenti al politico o al partito che li ha "protetti". Si può ovviare e la magistratura sembra stia già provvedendo. Nel privato, il personale direttivo, essendo il collegamento tra il management ed i lavoratori, è il punto d’incontro tra due competenze diverse e, anche se non per ragioni di clientela politica, spesso, senza generalizzare, deroga alle sue specifiche funzioni. La parte operativa, non mostra grosse differenze tra pubblico e privato. Qualcosa non funziona perfettamente, in entrambe, ma è una questione marginale rispetto alla scelta tra la gestione pubblica e privata. Le differenze sostanziali si riscontrano nelle altre due parti dell’organizzazione, il management e la proprietà, che hanno però una cosa in comune, sono quasi completamente estranee al servizio e proiettate su altre tematiche che, personalmente, considero la negatività di tutto il nostro sistema economico e non solo sociale, la finanza e la finanziarizzazione. Nel caso del pubblico, il management è nominato secondo logiche e spartizioni partitiche, questo potrebbe anche non essere un problema se almeno venisse individuata la competenza. E’ una situazione a me nota per averla vissuta e che mi ha spinto, oltre dieci anni fa, anche per altre ragioni, ad andarmene sbattendo la porta. La funzione del management del privato nella gestione dei servizi pubblici è spiegata dallo stesso comunicato del C.d.A di Atlantia, holding di controllo di Autostrade per l’Italia spa: "Il Consiglio ha altresì avviato la valutazione degli effetti delle continue esternazioni e della diffusione di notizie sulla Società, avendo riguardo al suo status di società quotata, con l’obiettivo di tutelare al meglio il mercato e i risparmiatori". Chi ha tutelato le 43 vittime, tutti gli sfollati del crollo del ponte Morandi e gli utenti dal disservizio creato? La proprietà, nel pubblico, è dei cittadini anche se, purtroppo, i politici ritengono di poterne disporre a proprio piacimento con un solo obiettivo quello di realizzare utili e distribuire dividendi da destinare alla gestione delle Istituzioni. Altra questione sulla quale sarebbe necessario aprire un capitolo. Su questo punto non c’è differenza tra pubblico e privato. Il pubblico, però, destina i dividendi alla gestione pubblica, magari mal gestita ma pubblica. Il privato, al contrario, se li mette, legittimamente, in tasca a solo beneficio degli azionisti, magari anche non italiani. Ci dicono, però, che i privati mettono i "soldi" necessari per gli investimenti. Quali? Non ho ancora trovato una società privata, gestore di servizi pubblici, che abbia immesso in società risorse per finanziare investimenti, ho trovato solo società indebitate. La "Borsa" non porta risorse alle società ma utili finanziari ai soci. Ho trovato, sovente, anche situazioni dove la controllante preleva quasi tutti gli utili che utilizza per finanziare la stessa società percependo interessi attivi e profitti su capitali, quasi sempre, di modesta entità. Non è solo il caso di "Autostrade per l’Italia" dove la controllante, Atlantia spa, dal 2013 ad oggi ha percepito € 8.453.018.345 di dividendi e € 6.499.797.000 di interessi, con un capitale sociale di € 622.027.000, che, in effetti, come si rileva dai bilanci, è composto da un apporto, in denaro, di € 100milioni, mentre la differenza è "avviamento", un valore virtuale e non reale. Si potrebbe anche ipotizzare che l’indebitamento di oltre 7miliardi, presente nel bilancio 2003, conferito, sia originato dal pagamento delle azioni acquistate. I soci acquistano azioni e il prezzo lo fanno pagare alla società. Tutto legittimo ma, in una società che gestisce servizi pubblici, lascia perplessi. È una situazione riscontrata anche in altre società a gestione privata o privatistica, pubblica ma strutturalmente privata. Se le risorse finanziarie prodotte, dal 2003 al 2017, ammortamenti, € 6.186.838.524, dividendi e riserve distribuite, € 8.453.018.345, per un totale di € 14.639.856.869, con una media annuale di € 1.228.275.457, fossero state nella disponibilità e gestite dal pubblico, in modo semplicemente corretto, avremmo potuto avere dei risultati diversi che il prospetto seguente evidenzia. La tabella ci dice che, considerati gli investimenti fatti e a parità degli stessi, senza i dividendi e gli interessi per debiti non necessari, sarebbero rimasti nella disponibilità della società € 12,7 miliardi. Quanti ulteriori investimenti e manutenzioni potevano essere fatti, magari anche riducendo le tariffe? La gestione privata è legittima, salvo diversi accertamenti della Magistratura che a me non competono, è il modello, privato e finanziarizzato, nei servizi pubblici, che è sbagliato. Il problema non sono i controlli che sono dispendiosi e non funzionano. Certo, l’Autorità di Regolazione dei Trasporti dovrebbe avere anche funzioni di controllo ma si finanzia con l’uno per mille dei ricavi del gestore e definisce il sistema tariffario. Tutte le Autorità funzionano in questo modo e, tariffe alte, maggiori ricavi per il gestore e maggiori entrate per le Autorità che godono di autonomia e indipendenza amministrativa. Che ci siano state carenze o omissioni da parte del pubblico è evidente ma i controlli non avrebbero ovviato alla "distrazione" (passatemi il termine che uso perché risorse prodotte dagli utenti e destinate a finalità diverse dal servizio sono tali), è lo scopo di una società produrre utili e dividerli tra i soci (art. 2247 c.c.). La distorsione sta proprio nell’affidare servizi pubblici a società private che hanno lo scopo indicato. La soluzione non è il controllo ma una gestione dei servizi che vada nella direzione della soddisfazione, in modo meno oneroso possibile, dei bisogni essenziali alla vita umana e che sia estranea, proprio per la sua natura, da ogni rilevanza economica e finanziaria. Pubblico e privato devono coesistere, ognuno nei propri ruoli e funzioni, senza sovrapporsi altrimenti il sistema non funziona più. È una considerazione oggettiva. Certo esiste il problema del malaffare che, però, è quasi sempre il risultato dell’incontro del pubblico con il privato. Non è un caso che in Italia esista l’ANAC, Autorità Nazionale Anticorruzione, un’anomalia per un Paese normalmente gestito, che è stata istituita nel 2013 e, di fatto, delegittimata. Potenziamo la magistratura, le risorse ci sono e sono anche abbondanti, ed eliminiamo tutte le Autorità trasferendo le competenze tecniche ed amministrative ai Ministeri di riferimento. La mia non è un’opinione ideologica, ma un’opinione supportata dai fatti e dai numeri. I numeri sono la rappresentazione della realtà. I numeri indicati in precedenza sono estratti dai bilanci ufficiali della società e, quindi, per dichiarazione e certificazione, sono reali.
|