La Svizzera era un posto lontano dietro le montagne

Nome e cognome: Alfio Ronchi

Anno di nascita: 1956

In Valposchiavo dal: 1989

Attuale impiego: impiegato del prosciuttificio Sirpig a Brusio

Domicilio: Bianzone

Durata tragitto casa-lavoro: 20 minuti

Da bambino per te la Svizzera era... 

Mi ricordo, avrò avuto dieci anni, che avevo uno zio muratore che lavorava in Svizzera. Aveva uno zaino che gli serviva per portarsi il pranzo al sacco sui cantieri e quando tornava a casa ci portava, in questo zaino, banane e cioccolata. Anche se abitavo a Tirano ed ero vicino, la Svizzera mi sembrava sempre un posto lontano dietro le montagne verso nord, e invece verso sud pensavo che il mondo finisse lì dove arrivava lo sguardo sulle creste dei monti!

Come sei arrivato in Svizzera? 

Ho sempre lavorato tra Svizzera e Italia. Nel 1973, appena finita la scuola di cuoco, ho iniziato a fare le stagioni a St. Moritz negli alberghi per parecchi anni. Poi sono tornato in Italia. Dopodiché, a partire dal 1982, ho lavorato ancora alcuni anni in Svizzera e dal giugno 1989 ho iniziato alla Sirpig e sono sempre stato lì...

Qual è la cosa che più ti piace della Valposchiavo? 

Ci lavoro da tanti anni. È un posto piccolo ed è diventata una sorta di famiglia. Ci si conosce, si creano dei legami e dei rapporti con i colleghi e se il lavoro lo conosci e ti piace e nell’ambiente ti trovi bene e si crea un bel clima è ancora meglio, no... ?

Cosa ti porti da casa quando attraversi il confine? 

Se parliamo di quando facevo le stagioni, mi portavo sempre un po’ di nostalgia, per via dei lunghi periodi lontano dai genitori e dagli amici. Adesso invece, essendo così vicino e tornando sempre a casa, non mi porto niente oltre a mia moglie e i miei figli sempre nel cuore.

T’è mai capitata una situazione particolare alla dogana? 

No, a parte alcuni controlli di routine, soprattutto i primi tempi. Mi ricordo però l’episodio del “masso intelligente”, come l’ho ribattezzato io. È andata così: un masso è sceso dalla montagna nelle vicinanze dello svincolo per il castello di Piattamala, ha saltato la ferrovia senza danneggiarla e si è portato sul ciglio della strada, senza creare particolari danni e senza peraltro intralciare la viabilità, per questo intelligente! Però è bastato per mandare in tilt le autorità italiane: tutto bloccato, strada chiusa, si poteva passare solo in particolari fasce orarie monitorate, e via a chiamare le varie autorità, sovrintendenze, prefetti eccetera eccetera. Con la particolare tempistica italiana, la strada è stata chiusa per più di una settimana senza poter muovere il masso. Cosa che se fosse capitata su suolo svizzero, con danni di pari entità - cioè uguali a zero - certo non avrebbe bloccato tutto. Si sarebbero liberati dall’impiccio il più velocemente possibile per ristabilire la normalità. Invece noi pendolari, prima che decidessero come agire, abbiamo anche dovuto sconfinare passando per Viano, dove erano però state messe tempestivamente delle squadre di militari lungo i sentieri, neanche fossimo ai tempi dei contrabbandieri! E lì mi sono detto... “certo che solo noi italiani...”

Per te cambia qualcosa al di qua o al di là di Piattamala? 

Oltre alla valuta tra franchi svizzeri e euro praticamente no. Se parliamo del lavoro, ho lavorato anche in Italia ma non ho grandi termini di paragone, in quanto essendo diverso il tipo di lavoro, erano diversi gli orari e i ritmi. Sicuramente gli svizzeri sono più rigorosi sotto certi aspetti, precisi e abituali; per esempio nel rituale irrinunciabile della pausa caffè con lettura del giornale a metà mattina...

Quando hai pensato “ma questi sono proprio svizzeri”? 

L’ho pensato tante volte e in tante cose. Per esempio nel mio lavoro vedo la mentalità svizzera di prediligere e volere il prosciutto: così per non “tribolare”, magro magro, secco secco, piccolo e quadrato. Forse un po’ come questa mentalità? In questo hanno un po’ la mania di essere misurati per non rischiare sprechi. Noi italiani siamo un po’ più larghi di manica sugli acquisti: facciamo un po’ di “scorta”. 

Insomma, gli svizzeri saranno anche severi sotto certi aspetti, ma se sento qualcuno parlar male di un italiano, spesso è uno svizzero che ha nelle sue radici un ramo italiano più o meno lontano...

Puoi esprimere un desiderio: in Valposchiavo ci metti o ci togli... ? 

Senza dubbio la prima cosa che farei sarebbe togliere la dogana. Poi rimetterei la fabbrica di abbigliamento ‘’Jockey’’ a Zalende. Adesso è tutto triste e silenzioso. La ‘’Jockey’’ invece creava un bel movimento: la Valle era più viva! E in Valposchiavo metterei la mia Valle. La lascio qui, sia chiaro, però la Valposchiavo, almeno fino a Miralago, è proprio soltanto sassi... La Valtellina è più larga, ha più respiro... è tutta un’altra cosa!

Nicoletta Cantoni


Data: 01/06/2011