La TERRA ? ancora la manna concessa da DIO all’uomo?
Leggendo o sentendo alla radio mi ha colpito il concetto della terra data all’uomo come manna per la sua sopravvivenza, coltivandola, naturalmente. Se così fosse oggi dovremmo dire, almeno alle nostre latitudini: “No grazie, non ci serve più”. Eppure non sono lontani i tempi in cui la maggior parte della sussistenza si ricavava dalla terra. La gente della nostra generazione (anni ’40-’50) deve riconoscere che non solo sono stati gli ultimi a beneficiarne, ma almeno per quanto riguarda i campi sono arrivati al punto massimo di sfruttamento. E quanto era preziosa quella terra, fino allora! Ma in particolare nel periodo della guerra! I campi ben dissodati e retti da muretti curati e fino al limite del bosco , dove iniziava la parte rocciosa mentre i prati, vedi il piano di Mavigna, non è arrivato nemmeno al massimo di sfruttamento, visto che parte era ancora paludoso ( L’utilizzo di quel territorio avverrà sotto altro aspetto e è li da vedere, ma non nel senso di – manna – come inteso dalla Sacra Scrittura) . La terra era tanto prezioso che fino a quel periodo la consistenza finanziaria delle famiglie, nei nostri paesi, non la si misurava dal conto in banca, ma dal numero delle mucche che possedeva. Il numero delle mucche era poi proporzionato ai campi, a maggenghi e all’altra parte di bestie: capre, pecore, maiale ecc… e la famiglia aveva bisogno di poco altro, per quanto riguarda i viveri. Chi non possedeva nemmeno una mucca era il povero in assoluto, anche se c’era pure altre possibilità di lavoro (vedi i cantieri in valle o la stagione in Svizzera). Ma anche queste poche famiglie necessitavano di tre almeno tre cose in assoluto: qualche pezzo di terra per le patate e con l’orto; di almeno due pecore per la lana e il maiale che dava il companatico per tutto l’anno. Da quegli anni si sono aperte altre strade. Nessuno ha detto di proposito di rinunciare alla terra, ma la gioventù ha seguito l’onda migratoria (esattamente come ai nostri giorni), partita lse pur con il fermo proposito di tornare a breve termine, non è più tornata; la terra abbandonata ai vecchi, automaticamente è finita nell’abbandono, come si constata ancora oggi. E meno male che la natura è intervenuta a far crescere il bosco che almeno frena la terra o rovinerebbe al piano. Personalmente, anche senza fare studi di agraria o di economia, immersa automaticamente nell’onda migratoria, ricordo che facevo i miei calcoli in merito a riguardo del problema – terra – come manna di sopravvivenza. Ricordo che arrivata in Svizzera, vedendo quei bei giardini fioriti attorno alle case, mi domandavo come mai in quei paesi anziché usare la terra per mettere patate, la sprecavano coltivando fiori? Non sapevo ancora che loro prima di noi di patate ne avevano coltivate e mangiate tante, persino imposto dallo Stato). In seguito transitando, con la mia macchina, sulla strada da Tresenda verso Sondrio , all’altezza di Ponte e Chiuro, vedendo quelle belle villette che nascevano, attorniate da giardini fioriti, avevo capito che non era questione di mentalità, da una nazione all’altra il modo di sfruttare la terra, ma i tempi erano evoluti anche da noi e la terra non era più ritenuta indispensabile da coltivare per la sussistenza, ma si poteva benissimo usarla anche per coltivare i fiori per il solo piacere. Però abbiamo sacrificato i nostri campi in bellezza e utilità e a questo punto, ci troviamo a porci una domanda, anche se ormai scontata: “Non potrebbe essere, la terra ancora la manna per quei poveri che pure popolano il mondo e vanno allo sbaraglio, ma ci viene spontaneo anche pensare che di terra forse ne hanno anche loro, ma mirano a altro come abbiamo fatto noi. Ma sono ormai cose molto lontane nel ciclo della e quando mi capita di transitare (e non più in macchina, ma in corriera, su quella stessa pianura (Tirano-Sondrio dove ammiravo un tempo i bei campi di granoturco, di frumento e altro e in quello spazio ormai sopraffatto da costruzioni, scorgo un pezzo di campo di recente arato, mi trovo a ammirarlo come un pezzo da museo. A consolazione ci rimane la sponda dedicata alle vigne e non oso spingere il pensiero a cosa sarebbe la nostra valle se anche quella sponda venisse abbandonata.. Allora, a questo punto non lanciamo ancora al Cielo il rifiuto a quella – manna – che ci è stata concessa, ma ringraziamolo per quello che comunque ci ha lasciato. Vuol dire che la dove non possiamo più usare la zappa useremo gli scii e quanto l’uomo riuscirà a produrre in sostituzione per sopravvivere.
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