Marco CONFORTOLA torna nella sua Valfurva
E’ appena tornato dal Lhotse ma non è finita. Marco Confortola è stato accolto dai famigliari e da numerosi amici e in conferenza stampa nella sala Albinoni dell’aeroporto di Milano Malpensa (poco dopo essere sbarcato dal volo Qatar Airways che lo ha riportato in Italia da Kathmandu) e ha ammesso: “Ho pianto tanto. Se fossi riuscito a raggiungere la cima avrei smesso con gli Ottomila, me l’ero detto alla partenza, ne ero convinto. Ma non è andata così. Il Lhotse non mi ha consentito di arrivare in vetta, quindi ho deciso: vado avanti. I miei genitori ancora non lo sanno, ma il prossimo anno ripartirò per un nuovo Ottomila”. Si è conclusa senza la conquista della vetta e con un arrivederci la spedizione sulla quarta montagna della Terra (8.516 mt) che Confortola ha condiviso, a partire dallo scorso 8 aprile, con il giovane sherpa nepalese Pasang Lama. Ad aspettarlo c’erano tutti: papà Alfonso, mamma Elena, le sorelle Roberta e Maria Adele, il fratello Luigi e i nipotini Simone e Alessia, arrivati al terminal con un grande striscione che recitava “Bentornato zio!”) , oltre che da numerosi amici, clienti e sostenitori, Confortola, dimagrito ma in forma, nel corso dell’incontro con la stampa ha ripercorso le tappe dell’avventura al Lhotse. “Ho avuto lunghi momenti di sconforto – ha spiegato – e ho pianto tanto. Un po’ per la malinconia, un po’ per la solitudine, un po’ per la tensione dovuta alla lunga attesa del tentativo di vetta. E poi ho pianto per non essere stato in grado di raggiungere la cima”. Momenti difficili quelli trascorsi domenica 16 maggio ai 7.791 metri di Campo 4, dove l’alpinista ha maturato la difficile scelta di tornare al campo base: “Non potevo assolutamente continuare, i miei piedi erano congelati e sarebbe stato troppo rischioso andare avanti. Pasang li ha massaggiati per ore e ore quella notte, ma erano veramente freddi ed è stata dura farli tornare in temperatura. Anche con questa consapevolezza, comunque, non è stato facile decidere di scendere”. Marco ha raccontato che con il satellitare ha telefonato al fratello Luigi, e ha pianto, “poi ho chiamato Veronica, e ho pianto anche con lei. Quindi ho chiamato il mio amico Alex Bellini, il navigatore valtellinese che ha fatto la traversata dell’oceano in solitaria: lui ha affrontato sfide molto difficili, e sapeva che cosa stavo provando io in quel momento. E infine ho parlato con il mio “papà di Ottomila” Agostino Da Polenza. Tutti hanno cercato di confortarmi e sostenermi, e hanno condiviso la mia decisione di tornare al campo base”. A rendere particolarmente sofferta la scelta, il grande carico di aspettative che Confortola aveva riposto nella spedizione: “Tenevo davvero tanto ad arrivare in vetta, lo volevo con tutte le mie forze. Ci ho messo l’anima, ma non ce l’ho fatta. La montagna mi ha respinto. Ora voglio lavorare a fondo sui miei scarponi da alta quota, quelli che Scarpa ha studiato appositamente per me, per far sì che i miei piedi possano affrontare le bassissime temperature al meglio. Il prossimo anno, con queste migliorie tecniche, voglio ritentare. Magari con un Ottomila un po’ più basso”. L’alpinista valtellinese nel corso della conferenza stampa ha ammesso però “è stata la mia spedizione più bella, in undici viaggi in Himalaya non ho mai avuto un contatto così intenso e continuo con casa e con l’Italia. Gigi e Veronica sono stati grandi a seguirmi passo passo e a raccontare a tutti la mia avventura in tempo reale. Ma devo dire grazie anche ai tantissimi giornalisti che mi hanno costantemente seguito con i collegamenti telefonici e poi ancora tutti gli altri che saltuariamente mi hanno chiamato per chiedermi notizie della spedizione, e tenendomi in fondo un po’ di compagnia”. Un pensiero poi è andato, doverosamente, anche a chi ha reso possibile la spedizione: la Provincia di Sondrio, e il presidente Massimo Sertori, in primis, ma anche i tantissimi sponsor privati che hanno dato un notevole contributo all’organizzazione logistica del viaggio. La presenza infine di Flavio Ferrari, presidente della onlus Cancro Primo Aiuto, di cui Confortola è ufficialmente diventato testimonial, ha dato il senso anche dell’alto risvolto della spedizione: «Marco per noi rappresenta il simbolo della rinascita, della voglia di vivere e di ricominciare – ha spiegato Ferrari -, un messaggio importantissimo per le persone malate di cancro che ogni giorno affrontano una sfida difficilissima. Pensando a tutti loro, nei prossimi mesi daremo vita all’iniziativa che avevamo studiato con Marco: la messa all’asta della piccozza che è stata al Lhotse. I dettagli saranno definiti a breve e saranno poi resi noti non appena possibile”. E’ impaziente di tornare al più presto in Valfurva Confortola, che non ha mancato di rivolgere un pensiero ai colleghi che in questi giorni hanno realizzato grandi imprese alpinistiche: "Complimenti a Panzeri e Compagnoni che hanno raggiunto la vetta dello Shisha Pangma - ha spiegato Marco -, complimenti a Edurne che ha completato i 14 Ottomila, e complimenti anche al mio amico Gnaro Mondinelli, a Michele Enzio, a Marco Camandona ed Abele Blanc per la vetta dell’Everest senza ossigeno. Grandi, grandi, tutti quanti". (foto Peverelli - Lecco)
|