13/12/2019, 17:02 La parola ai MEDICI
I Popolari Retici hanno stilato un documento di analisi e proposte per il futuro della sanità in Provincia di Sondrio, i soli che lo hanno fatto dopo un ampio confronto con un gruppo allargato di medici ospedalieri, medici di base e altri operatori sanitari attivi sul territorio (da questo la decisione di pubblicarlo integralmente su Newsinfo). "La visione, sintetizzata nella proposta, - afferma in merito il Movimento - ha il suo apice nella costruzione di un nuovo ospedale baricentrico in grado di offrire una risposta appropriata ai bisogni di cura dei cittadini di tutta la provincia. I Popolari Retici auspicano la creazione di un Comitato Medico Scientifico che costruisca i percorsi necessari al cambiamento. I Popolari Retici sono convinti che la realizzazione di un nuovo ospedale rappresenti una sfida per il territorio, un’opportunità per la salute ed una garanzia per il mantenimento e lo sviluppo dei livelli occupazionali in provincia". VISTA LA DELICATEZZA DELL’ARGOMENTO, RIPORTIAMO INTEGRALMENTE IL DOCUMENTO, firmato dal presidente Paolo Tarabini. Analisi e proposte per il futuro della sanità in Provincia di Sondrio Nell’affrontare la questione della c.d. sanità di montagna, il movimento dei Popolari Retici s’è chiesto, per prima cosa, cosa si debba intendere con tale espressione. E, cioè: - la “sanità di montagna” è la risposta che la Regione Lombardia vuol dare a un territorio disagiato, per garantire dei livelli minimi di prestazioni, per poi dirottare la popolazione che lo abita verso i centri della pianura ogni qual volta vi sia la necessità di interventi di media o di alta complessità? - oppure per “sanità di montagna” si intende la possibilità di restituire alla popolazione che vive nelle nostre vallate e sulle nostre montagne un sistema sanitario efficiente, che, superando le difficoltà morfologiche e di viabilità del nostro territorio, sia capace di soddisfare le esigenze delle patologie acute, così da evitare i c.d. viaggi della speranza? Noi Popolari Retici, confidando in questa seconda ipotesi, ci inseriamo nel dibattito sulla sanità pubblica che, finalmente, s’è acceso nella nostra provincia, nella speranza e nella convinzione che vi sia ancora la possibilità di dare alla nostra gente un sistema che garantisca l’erogazione di prestazioni sanitarie di alto livello, pur convinti che il raggiungimento di tale risultato non può che passare attraverso l’adozione di un nuovo modello organizzativo. Premessa La nostra sanità, che nel passato ha sempre vantato un livello pregevole, ha subito negli ultimi anni un impoverimento conseguente ad alcune mutate condizioni riguardanti da una parte l’evoluzione diagnostico-terapeutica e dall’altra importanti riforme legislative. L’attuale situazione è conseguenza di tali cambiamenti che hanno radicalmente rivoluzionato il concetto di offerta sanitaria. Per poter affrontare l’argomento è dunque utile richiamare i più importanti passaggi che ci hanno portato a questo decadimento. La L. R. 11 luglio 1997 n. 31: che ha introdotto due importanti novità: La prima riguarda la divisione tra Ospedale (prima AO adesso ASST) ente erogatore della prestazioni e Territorio (ex ASL oggi denominata ATS) che acquista di fatto le prestazioni. La Valtellina e la Valchiavenna si sono ritrovate ad operare in un sistema definito a rete. Tanti ospedali che in sostanza offrivano le stesse prestazioni. E sono andate in crisi. Senza contare che da un punto di vista strutturale tutti i nostri nosocomi sono datati e chiaramente inadeguati a rispondere alle nuove esigenze medico-sanitarie. Nel resto della regione sono nati dei poli di eccellenza (pubblici e privati) che hanno focalizzato la offerta e creato un tasso fuga dei pazienti dal nostro territorio che nell’ultimo anno ha toccato punte rilevanti (nel 2 Progetto di Riqualificazione elaborato dal Politecnico di Milano, si parla di fughe dei Valtellinesi sia sulla bassa che sull’alta complessità). La seconda riguarda l’introduzione del Privato Accreditato come erogatore di prestazioni. Si introduce cioè la libertà di scelta del cittadino. Egli può rivolgersi e farsi curare dove vuole. Pubblico o privato accreditato. La Regione garantisce i Livelli Essenziali di Assistenza, cosiddetti LEA. Questo ultimo aspetto ha determinato nella nostra Provincia un indebolimento della offerta in virtù del fatto che, stante i numeri, nessun soggetto ospedaliero accreditato ha mai trovato sbocco da noi. Al contrario, importanti strutture prendevano piede nel resto della Regione ed in particolare nella zona Milano-Monza. Il concetto di concorrenza pubblico-privato (pilastro su cui si basava la riforma) da noi è venuto a mancare. A questo si è aggiunto una fuga di professionisti che negli anni hanno preferito il privato-accreditato. L’Ospedale è l’insieme della cultura e della storia di chi ci lavora. Se vengono a mancare alcune figure di riferimento si crea, a cascata, una sorta di effetto “svuotamento”. La L.R. 11 agosto 2015 n. 23: La legge regionale 23 del 2015 ha offerto l’opportunità sfidante di ridefinire l’intera filiera di servizi al fine di rispondere ad una logica unitaria in grado di superare i tradizionali confini tra Ospedale e Territorio, di integrare gli ambiti di intervento sanitari, sociosanitari e sociali, garantendo la presa in carico del paziente lungo l’intero percorso preventivo, diagnostico – terapeutico e assistenziale. La presa in carico del soggetto con fragilità e/o con patologie croniche ha assunto un ruolo prioritario nella programmazione degli interventi sociosanitari, in virtù delle caratteristiche cliniche, psicologiche e sociali di tali soggetti. Si rende necessario, in quest’ottica, il superamento dell’approccio specialistico tradizionale, per focalizzarsi sulla persona, sulla valutazione globale e multi disciplinare dei suoi bisogni al fine di promuovere la dignità della persona e la qualità della vita. L’evoluzione promossa dalla legge regionale del 2015 prefigura un sistema organizzativo dinamico e flessibile, capace di modulare l’erogazione dei servizi in funzione degli effettivi bisogni riscontrati e tenendo conto delle peculiarità del territorio. La governance dei processi sanitari, in tale prospettiva, deve essere orientata, non solo ad erogare prestazioni in modo appropriato ed efficiente attraverso strutture sanitarie moderne, tecnologiche e scientificamente validate, ma anche a garantire il coordinamento della presa in carico e del percorso di cura attraverso connessioni e interdipendenze organizzative tra i diversi livelli di erogazione. Il sistema individuato, orientato alla presa in carico del paziente, prevede, pertanto, la partecipazione di più attori (dai medici di base, alle RSA, agli Ospedali di territorio) che interagiscono nella gestione di attività complesse quali la stratificazione della domanda, l’arruolamento, l’organizzazione del percorso di cura, il monitoraggio e la remunerazione. E’ quanto viene riassunto della L.R. n. 23 del 2015 con il con il concetto di “prendersi cura della persona”. Ma tutto quello che riguarda l’aspetto del prendersi cura della persona deve essere affiancato da un sistema di intervento qualitativo rispetto al quale l’attuale organizzazione sanitaria provinciale, così come l’abbiamo conosciuta fino adesso, è inidonea. La sanità nella nostra provincia Sul territorio provinciale insistono quattro presidi che non rispondono più da un punto di vista organizzativo, scientifico e strategico alle mutate esigenze di cura dei pazienti acuti. Non è possibile competere con i presidi extra provinciali mettendo a disposizione dei nostri cittadini degli ospedali indeboliti da un punto di vista strutturale, scientifico ed organizzativo. L’attuale riorganizzazione dell’AREU mortifica i nostri presidi che non vengono più scelti per la cura delle emergenze. Si preferisce portare i pazienti in centri fuori provincia. Questo determina una scadenza nel tempo delle nostre prestazioni di qualità legate ai pazienti politraumatici. Nel corso del 2018 tutte le divisioni registrano un preoccupante calo di prestazioni. Stante la situazione assistiamo alla perdita di professionalità che preferiscono centri di qualità impoverendo di fatto l’offerta. Importanti Strutture Complesse (Reparti) sono privi di Direttore. A cascata deriva la preoccupante difficoltà a reperire medici di qualità che non partecipano ai concorsi indetti dalla nostra ASST. Le nostre Strutture non sono più appetibili. Le esigenze della sanità odierna impongono che si ragioni in maniera radicalmente nuova sul nostro sistema ospedaliero perché è impensabile che nel prossimo futuro ci siano ancora quattro ospedali, nessuno dei quali può essere considerato un nosocomio in grado di gestire importanti emergenze. A cosa serve oggi investire risorse pubbliche per mantenere un ospedale che non riesce più a soddisfare i nuovi bisogni di cura? Anche perché, non si può dimenticare che la sanità si muove sui numeri dei pazienti curati. La differenza tra una struttura ed un’altra la fanno i numeri. Disperdere i numeri nella sanità significa abbassare il livello di qualità della prestazione. Dalle analisi eseguite delle prestazioni effettuate nei nostri ospedali si evince che la concentrazione delle patologie acute in un unico Polo Ospedaliero permetterebbe una casistica clinica soddisfacente. Solo per l’area chirurgica parliamo di circa 12.000 interventi all’anno. La visione Ma, contemporaneamente, la presenza di quattro strutture offre la possibilità di differenziare i ruoli prima accennati e dare una risposta adeguata ai cittadini-pazienti. La riorganizzazione dei nostro Ospedali ci permetterebbe, laddove utilizzati nel solco tracciato dalla normativa regionale, di essere la prima Provincia che attua in modo concreto la riforma, con un unico presidio che offra prestazioni sempre più qualificate in risposta alle patologie acute e, con gli altri presidii, che svolgono quell’attività, centrale nel progetto del legislatore regionale, consistente nel prendersi cura del paziente post-acuto, cronico e fragile. Chiaramente per fare ciò, bisognerà abbandonare l’impostazione dell’ospedale a rete, avviata negli ultimi anni, con la quale si definiva un interessante ruolo per ognuno dei presidi ospedalieri presenti nella Provincia, con la scelta fondamentale di attivare un “modello a pendolo”, dove cioè si muovono i medici e non i pazienti. Anche perché, tale impostazione è pronta a diventare carta straccia in virtù delle nuove disposizioni di legge che impongono vincoli molto stringenti sugli standard per poter vedere attivo ed operante un ospedale (a partire dal numero di posti letto per specializzazioni). Bisogna a questo punto operare una scelta e verificare fra i nostri Ospedali qual è quello che meglio si presta ad avocare a sé tutte le specialità e le alte specialità tipiche di una moderna struttura di cura delle patologie acute. Noi come Popolari Retici non possiamo che richiamare l’idea del nostro fondatore, sen. Eugenio Tarabini, che, in qualità di Presidente della Provincia di Sondrio, fu uno degli ispiratori della deliberazione adottata dal Consiglio Provinciale in data 5 luglio 2002 n.57, nella quale all’Ospedale di Sondrio viene attribuito un “ruolo baricentrico” all’intera provincia. Del resto, anche il già richiamato “Progetto di Riqualificazione” elaborato dal Politecnico di Milano individua e propone proprio Sondrio come sede DEA di secondo livello. Resta, però, da chiedersi se la sua collocazione - l’ospedale di Sondrio rimane schiacciato nella città e non ha più adeguati spazi per potersi sviluppare in un concetto di modulazione e flessibilità oggi richieste -, le strutture vecchie anche se in parte rimodernate, l’impossibilità di programmare alcun tipo di sviluppo per mancanza di spazi, non lo rendano già oggi inadeguato al compito che è chiamato a svolgere. Abbiamo quindi la necessità di cominciare a ragionare seriamente di un nuovo e adeguato ospedale della Provincia di Sondrio in grado di offrire una risposta appropriata ai bisogni acuti della salute dei cittadini della zona. Serve coraggio, lungimiranza, abbandono delle posizioni di sola “difesa del campanile”, per affrontare questa sfida e definire nel medio termine le scelte che produrranno un rinnovamento positivo della sanità pubblica della nostra Provincia. E la sanità non è semplicemente il luogo dove ci si cura. La Sanità è indice di sviluppo di una popolazione. I dati confermano che dove c’è una buona sanità c’è un incremento del PIL perché in grado di esprimere le sue potenzialità di volano economico, sociale e istituzionale. In Lombardia negli ultimi 10 anni si sono rinnovate e costruite nuove strutture ospedaliere in tutte le Provincie meno che nella nostra. Certo parlare di un nuovo ospedale, moderno e tecnologico, significa discutere di un investimento economico di notevole portata, ma non devono essere le cifre a spaventare e bloccare riflessioni e scelte, perché ogni vera e fondata esigenza politica prima o poi trova le risorse necessarie per partorire il risultato atteso. Riteniamo che il nuovo Ospedale dovrà essere: - Interagente con i centri Universitari Lombardi, tecnologico e moderno - Rielaborato con nuovi assetti organizzativi e di management sanitario - Modulabile nel tempo a seconda dei cambiamenti e delle nuove necessità - Collegato con la rete viaria, ferroviaria, con spazi riservati alle piazzole degli elicotteri, facile da raggiungere; Auspichiamo che al Pronto Soccorso venga affiancato un “Ambulatorio dei Codici Bianchi”, cioè, una struttura all’interno dell’Ospedale, formata da medici di base, che garantiscano un accesso al Pronto Soccorso solo a chi ne ha effettivamente bisogno. Dovrà inoltre essere ripensata la modalità organizzativa delle visite ambulatoriali, che oggi presentano liste d’attesa oggettivamente troppo lunghe in proporzione con i numeri delle richieste. Ma, oltre a pensare alla creazione di un Nuovo Polo Ospedaliero per la cura degli acuti, bisognerà riorganizzare gli altri presidi esistenti per la presa in cura delle patologie cronico-riabilitative. Pertanto, contemporaneamente, si renderà necessario attivarsi affinché: • Tutto ciò che non è acuto, tutto ciò che è differibile (patologie croniche, riabilitazione, cure palliative, fragilità…) venga concentrato nei rimanenti Ospedali; • Morbegno definisca un percorso sanitario già avviato con la realizzazione del primo Presidio Ospedaliero Territoriale (POT) della Lombardia in linea con la recente riforma regionale ed in linea con la evoluzione del sistema socio-sanitario. La Regione non potrà, però, in questa materia astenersi dal fornire indicazioni più specifiche, in particolare, con riguardo alle modalità di coinvolgimento dei medici di base, alla necessaria presenza di medici ospedalieri e al collegamento fra POT e RSA; • Sondalo venga interamente riconvertito in Ospedale riabilitativo mantenendo la specificità storica ed adeguandolo al nuovo corso sanitario, affiancando, ad una riabilitazione generale, geriatrica e specialistica, anche servizi richiesti da nuove patologie, quali la cura di anoressia e bulimia e in generale dei problemi connessi ai disturbi alimentari, così da garantire e, in futuro, migliorare l’attuale livello occupazionale • Chiavenna trovi un percorso sulla presa in carico di anziani e riabilitazioni temporanee post-ricovero Infine, in considerazione del fatto che stiamo discutendo di sanità di montagna, cioè, di una sanità nell’organizzazione della quale la Regione Lombardia dovrà farsi carico dei maggiori costi che derivano dall’assetto del territorio, sarà necessario: • mantenere nei presidi di Morbegno, Chiavenna e Sondalo un Punto di Primo Intervento h24 (in deroga alla normativa vigente, ma motivato dalla peculiarità morfologica, territoriale, ambientale, viabilistica, infrastrutturale della nostra Provincia montana). • Organizzare un servizio trasporto per urgenze non solo in volo ma anche con l’incremento dei mezzi di soccorso stradali - in particolare, potenziando la presenza della auto mediche - tale da assicurare una presenza capillare ed un intervento veloce su tutto il territorio tale da garantire la tempestività d’intervento. Siamo consapevoli che la riorganizzazione sanitaria nella nostra provincia non può, però, aspettare i tempi necessari alla realizzazione del nuovo Ospedale. La fase di concentrazione delle specializzazioni per gli acuti, presso l’Ospedale di Sondrio, deve avere inizio da subito. Anche perché, così operando, si permetterebbe quel periodo di “rodaggio” necessario per poter arrivare pronti a sfruttare appieno le potenzialità della nuova struttura. Il Percorso culturale Anche perché un ospedale nuovo non nasce all’improvviso. In attesa che l’iniziativa venga presa a livello istituzionale, sarà onere, fin da subito, della comunità scientifica quello di costruire un percorso culturale capace di giungere preparati nel nuovo ospedale. È opportuno quindi creare un Comitato Medico Scientifico che si adoperi per tracciare i percorsi idonei al cambiamento. Il tutto deve poter nascere dalla forte esigenza di recuperare le sfide mediche che sin qui si sono parzialmente perse. E’ compito della comunità scientifica operare al fine di rilanciare con forza il tema della sfida medico sanitaria della nostra Provincia. Un tema che dovrà essere prioritario ad ogni valutazione strutturale. Nulla varrà se non saranno gli attori principali a spingere per una inversione del processo di deriva a cui oggi stiamo assistendo. Si favorisca quindi la nascita di un Comitato Scientifico che avrà il compito di leggere il futuro per stimolare il cambiamento ed, in particolare, di: 1) Recuperare il valore professionale dei nostri operatori sanitari; 2) Stimolare la crescita scientifica; 3) Elaborare e promuovere nuove visioni per un nuovo sviluppo clinico-diagnostico del nuovo Ospedale; 4) Costruire e mantenere i rapporti con le Istituzioni Universitarie; 5) Calcolare lo skill mix del personale, per quali settings e quali ruoli siano destinati nei prossimi anni per giungere ad una qualificata presenza medica sul territorio. E’ necessario un recupero di quella cultura scientifica che ha accompagnato per decenni la nostra sanità. Considerazioni finali Siamo profondamente convinti che con la realizzazione dell’Ospedale nuovo e con la riconversione degli altri Ospedali alle attività sopra indicate, potremo dar vita in provincia di Sondrio a un servizio sanitario completo in tutte le forme previste dal legislatore regionale. Potremmo anche essere attrattivi per professionisti e pazienti se saremo capaci di far emergere l’amore per la nostra terra. Una sfida per il territorio, un’opportunità per la salute, una garanzia per il mantenimento e lo sviluppo dei livelli occupazionali ed uno sbocco per i nostri figli. |