I PIZZOCCHERI E LE LORO VARIANTI
Se si parla di piatti valtellinesi ne balza subito alla mente uno: i pizzoccheri. Quella fraina, come veniva chiamata la farina di grano saraceno, che i nostri antenati sostenevano dare quella leggera ebbrezza dovuta ai semi di papaverina, oggi presidio Slow Food, era un alimento molto prezioso, e lo è anche adesso. La ricetta ufficiale dell’Accademia del Pizzocchero è chiara, gli ingredienti sono farina di grano saraceno, farina bianca, burro, formaggio Valtellina Casera Dop, formaggio in grana da grattugiare, verze, patate, uno spicchio di aglio e una spruzzata di pepe. Ma, e qui a volte nasce qualche diatriba, da zona a zona possono cambiare le percentuali di farine necessarie per l’impasto e le verdure con cui si condiscono. Si narra anche che in Alta Valtellina si usasse una tipologia di grano saraceno più chiaro, meno timoroso delle basse temperature. Ma anche i gusti delle persone sono diversi e questo è scaturito chiaramente dall’inchiesta transfrontaliera “Qualcosa da dichiarare”, promossa da PGI Pro Grigioni Italiano con i portali Altarezia.INFO e IL BERNINA, che nell’apposita video-domanda sul tema lo ha evidenziato: Marco è perentorio, c’è la ricetta ufficiale da rispettare alla lettera e se Simone sta sul classico, Barbara invece li preferisce anche con le carote, Monica con i fagiolini, mentre Alfio aborra le varianti sul tema... Una cosa è certa: il pizzocchero delle origini era quello fatto “con il cucchiaio”, prima della scoperta della tagliatella: solo farina di grano saraceno, la fraina o il fùrmentùn, e con l’aiuto di un cucchiaio la pastella morbida cadeva direttamente in pentola a cuocere nell’acqua. Niente formaggio di grana, solo quelli tipici della valle, scímüd, magnúca e bitto. Le massaie di Teglio sostenevano che solo con l’acqua del loro paese i pizzoccheri potevano definirsi “buoni” e d’estate invece delle verze mettevano le coste. E qui casca l’asino, verrebbe da dire. Sì perché i piatti valtellinesi seguivano pari pari le stagioni, si utilizzava quello che potevano offrire l’orto, le selve e i boschi. Ecco quindi diverse varianti di Pizzoccheri, rimaste tali in Valposchiavo, ad esempio, dove con le coste o le verze si mettono anche carote, fagiolini e rape. Un’altra variante è la cipolla: a Baruffini, frazione di Tirano, anziché l’aglio si utilizza infatti la cipolla per insaporire il burro (anche la salvia) e una ricetta originale parla di “pizzoccheri di Tirano” elencando tra gli ingredienti carote e fagiolini, appunto. La fortuna della cucina valtellinese è la semplicità degli ingredienti, il grano saraceno è la base anche per la polenta taragna, ma ci sono anche la farina gialla e quella bianca che vedono le tradizioni di Valtellina e Valchiavenna riemergere sulle tavole con varianti che lasciano i buongustai senza fiato… ma questa è un’altra storia, da narrare in un altro momento.
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