Quale ? il dialetto vero? Quello giusto?
... quello del proprio paese e non altro La domanda me la sono posta leggendo il commento su un quotidiano di Lugano dove si criticava il dialetto di una trasmissione dicendo che non era quello giusto, quello vero. Sempre a me stessa, senza essere in alcun modo coinvolta, occupandomi pure di dialetto, mi sono data anche la risposta che a mio avviso viene spontanea: il dialetto vero e giusto è unicamente quello del proprio paese., di quel paese. Quello che si assorbe in famiglia e nel paese stesso anche se oggi non è ufficialmente parlato. Potremmo allargare il giro, partendo dalla pronuncia che manifesta l’individuo quando parla. Da quella già ci rendiamo conto da che Nazione proviene: se è tedesca, francese, italiana, spagnola, portoghese, inglese e così via, la cerchia si allarga. Per venire più vicini a noi, in Svizzera i suoi abitanti sanno riconoscere se uno è ticinese, dei Grigioni, o della Svizzera tedesca o francese. Noi stessi, grosso modo, nella nostra realtà italiana, sappiamo riconoscere, dalla parlata se uno è lombardo, o veneto, o toscano o romano o napoletano e così via. Il tutto senza chiedere la carta d’identità. Ma possiamo restringere il cerchio anche nel nostro piccolo di provincia; dalla pronuncia deduciamo se uno è originario di Sondrio, di Tirano, di Villa, di Corteno, di Groio, o di Bormio, ecc. Ma anche nel nostro paesello o città, da una contrada all’altra troviamo modi di dire propri di quel paese anche con notevoli differenze- Se ci è permesso portare un esempio pratico, vediamo il mio dell’Aprica: da noi il termine bambino in dialetto è "tzetasc o scetasc" Nei parsi confinanti vedi: Corteno si dice "gnarei" a Villa di Tirano "rais" , a Tirano "scecc o rais" e non vado oltre, ma tanto per dimostrare che non c’è nemmeno una analogia da un paese all’altro, quindi come si potrebbe dire che il nostro dialetto è quello vero e sbagliato quello di fuori zona? Premesso che il linguaggio e la pronuncia l’assorbiamo ognuno nel nostro paese, non può che essere unico di quella zona. Certo poi chi si occupa di dialetto sa che ci sono anche delle regole comuni da rispettare nello scrivere, ma nessuno può vantare, a mio giudizio, che il proprio sia quello giusto, il vero. Ecco perché a mio parere non lo si può insegnare nelle scuole. Si può valorizzarlo e anche promuovere la scrittura, allo scopo di mantenerlo, di tramandarlo, di leggerlo in chi lo scrive, ma non pretendere di renderlo unico nemmeno da paese a paese e men che meno da zona a zona, e buona regola, a mio giudizio, specificare sempre l’rigine in ogni caso. Nessuno può correggere il dialetto di un altro paese; neanche per la differenza di una "a" al posto della "e", ma quello giusto è quello di quel paese perché così la persona lo ha memorizzato dalla nascita. Non pretendo con questo di fare una lezione su i dialetti, ma ho solo risposto, a me stessa alla domanda, leggendo la critica sul giornale, anche se non rivolta a me e senza conoscere né l’argomento della trasmissione, né del lettore che la criticava. (Nella foto, Luisa Moraschinelli guida un gruppo di turisti alla scoperta delle tradizioni di Aprica)
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