TEGLIO e la FESTA DEI PIZZOCCHERI
TEGLIO e la FESTA DEI PIZZOCCHERI

Si narra che solo a Teglio si possono degustare i veri pizzoccheri grazie alla particolarità dell’acqua. La patria di questo piatto principe valtellinese invita a degustarli nell’ambito di una vera e propria festa.

Il programma:

Sabato 25 Luglio

•  Ore 19.00: Inaugurazione della festa con apertura della cucina

•  Ore 21.00: Serata musicale con due piste da ballo:

◦  Ballo liscio con l’orchestra "Romina"

◦  Discoteca sotto le stelle con live DJ

Domenica 26 Luglio

•  Ore 12.00: Apertura della cucina

•  Ore 15.00: Apertura straordinaria della torre con possibilità di visita

•  Ore 19.00: Apertura della cucina

•  Ore 21.00: Serata musicale con due piste da ballo:

◦  Ballo liscio con l’orchestra "Danilo Ponti"

◦  Discoteca sotto le stelle con live DJ


Data: 17/07/2015
 
17/07/2015, 13:06
Una storia

Se si parla di piatti valtellinesi ne balza subito alla mente uno: i pizzoccheri. 

Quella fraina, come veniva chiamata la farina di grano saraceno, che i nostri antenati sostenevano dare quella leggera ebbrezza dovuta ai semi di papaverina, oggi presidio Slow Food, era un alimento molto prezioso, e lo è anche adesso. 

La ricetta ufficiale dell’Accademia del Pizzocchero è chiara, gli ingredienti sono farina di grano saraceno,  farina bianca, burro, formaggio Valtellina Casera Dop, formaggio in grana da grattugiare, verze, patate,  uno spicchio di aglio e una spruzzata di pepe. 

Ma, e qui a volte nasce qualche diatriba, da zona a zona possono cambiare le percentuali di farine necessarie per l’impasto e le verdure con cui si condiscono. Si narra anche che in Alta Valtellina si usasse una tipologia di grano saraceno più chiaro, meno timoroso delle basse temperature.

Una cosa è certa: il pizzocchero delle origini era quello fatto “con il cucchiaio”, prima della scoperta della tagliatella: solo farina di grano saraceno, la fraina o il fùrmentùn, e con l’aiuto di un cucchiaio la pastella morbida cadeva direttamente in pentola a cuocere nell’acqua. Niente formaggio di grana, solo quelli tipici della valle, scímüd, magnúca e bitto.

Le massaie di Teglio sostenevano che solo con l’acqua del loro paese i pizzoccheri potevano definirsi “buoni” e d’estate invece delle verze mettevano le coste. 

E qui casca l’asino, verrebbe da dire. Sì perché i piatti valtellinesi seguivano pari pari le stagioni, si utilizzava quello che potevano offrire l’orto, le selve e i boschi. Ecco quindi diverse varianti di Pizzoccheri, rimaste tali in Valposchiavo, ad esempio, dove con le coste o le verze si mettono anche carote, fagiolini e rape. Un’altra variante è la cipolla: a Baruffini, frazione di Tirano, anziché l’aglio si utilizza infatti la cipolla per insaporire il burro (anche la salvia) e una ricetta originale parla di “pizzoccheri di Tirano” elencando tra gli ingredienti carote e fagiolini, appunto. 

La fortuna della cucina valtellinese è la semplicità degli ingredienti, il grano saraceno è la base anche per la polenta taragna, ma ci sono anche la farina gialla e quella bianca che vedono le tradizioni di Valtellina e Valchiavenna riemergere sulle tavole con varianti che lasciano i buongustai senza fiato… ma questa è un’altra storia, da narrare in un altro momento. 

cristina culanti


Autore dal
27/10/2021